KÁRYYN: metafisica quantistica

The QUANTA Series è il lavoro d’esordio della statunitense di origine armena e siriana K Á R Y Y N

KÁRYYN
Disco
pop
K Á R Y Y N
The QUANTA Series
Mute
2019

Un disco fatto di Storia. E Scienza. E Sentimenti. Maiuscole dovute, se badiamo al tragitto biografico di Karyyn (o meglio K Á R Y Y N): nata in Alabama con sangue armeno nelle vene e legami familiari in Siria, fra Aleppo e Idlib. Zone – queste ultime – dove si recava con regolarità fino all’esplosione del conflitto, nel 2011. Da allora ha cominciato a riversare le emozioni suscitate in lei da quella tragedia in musica, mezzo espressivo impiegato in gioventù a Los Angeles su tutt’altro registro, fra oltranzismo punk e jazz radicale. Ora usa invece marchingegni elettronici di varia specie e soprattutto modula la voce.

Strada facendo K Á R Y Y N ha accumulato così canzoni, pubblicandone alcune in coppia e raccogliendole infine – insieme a tre inediti – nel primo album edito con lo pseudonimo che si è data. Ad aprire il percorso in termini cronologici furono i brani posti in coda alla sequenza: “TODAY, I READ YOUR LIFE STORY 11:11”, solenne elegia ispirata ai parenti morti in Siria, e “SEGMENT & THE LINE”, cadenzata su un groove ipnotico.

Lasciati gli Stati Uniti alla volta di Berlino, diede forma poi a “PURGATORY”, il cui alato lirismo, alimentato dai ricordi d’infanzia a Idlib, fluttua senza gravità fra astratte architetture ambient.

Tornata in California nel 2015, si mise al lavoro sui due episodi destinati a inaugurare ufficialmente la serie nel febbraio 2017: l’eloquente “ALEPPO”, stilizzato esemplare di spleen digitale, e “BINARY”, carico di pathos e inquietudine (“Amami in codice binario, amami fra i numeri”, recita un verso).

Frattanto, nell’estate del 2016, K Á R Y Y N si era recata in Islanda per contribuire all’allestimento multimediale dell’artista teatrale di Portland Samantha Shay intitolata Of Light, patrocinato da Marina Abramović e presentato in anteprima a Reykjavik, con Björk spettatrice entusiasta. Approfittò di quel soggiorno per registrare l’enigmatica polifonia artificiale “Un-c2-See”.

È in momenti del genere – si ascolti a proposito l’evocazione mistica in “MIRROR ME”– che l’indicazione di Arvo Pärt e John Taverner quali stelle polari del suo cammino diventa pertinente. Il mondo musicale di K Á R Y Y N è dunque complesso: riflesso sonoro di una trama narrativa tessuta intrecciando fisica quantistica e biologia molecolare (“CYTOKINESIS”), ascendenze etniche (il folklore armeno citato in “AMBETS GORAV”) e traumi personali (“Lasciate che le mie ferite sanguinino”, si ascolta nell’iniziale “EVER”).

Il risultato è un’opera di straordinaria intensità emotiva e impressionante densità di argomenti.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

pop

La prima da solista di Kim Deal

Nobody Loves You More è il primo album dell’icona femminile dell’indie rock statunitense

Alberto Campo
pop

L'album di famiglia di Laura Marling

Il nuovo disco della cantautrice inglese Laura Marling nasce dall’esperienza della maternità

Alberto Campo
pop

Godspeed You! Black Emperor: un requiem per Gaza

Il nuovo lavoro della band canadese è ispirato al dramma del popolo palestinese

Alberto Campo