Inesauribile Bach
Nel disco Discovering Bach Maria Cefalà propone una lettura fresca e “italiana” di alcune pagine per tastiera del compositore di Eisenach, inaugurando la Tǔk Classic
Pubblicato a fine gennaio, il disco Discovering Bach di Maria Cefalà propone la visione fresca e personale offerta da questa pianista di alcune pagine del compositore originario di Eisenach, inaugurando la Tǔk Classic, vale a dire la sezione dedicata al repertorio classico dell’etichetta Tǔk Music fondata nel 2010 da Paolo Fresu.
Coerente con la visione eclettica e trasversale che il trombettista sardo ha impresso alle scelte musicali espresse dalla sua etichetta, la personalità di Maria Cefalà si plasma attraverso un percorso formativo e artistico sicuramente poco convenzionale.
Di origini milanesi ma pavese d’adozione, questa musicista inizia lo studio del pianoforte a cinque anni, formandosi poi presso la Civica Scuola di Musica di Milano. A vent'anni si diploma in pianoforte col massimo dei voti presso il Conservatorio Paganini di Genova ma, a causa del sovraccarico fisico e psicologico, subisce un tracollo e l'infiammazione di un nervo le impedisce di suonare per tre anni, durante i quali si dedica all’insegnamento e si laurea in Musicologia. Ripreso lo studio dello strumento incontra Anna Kravtchenko, concertista e insegnante di pianoforte presso il Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano, che scorge nel suo modo di interpretare Bach qualcosa di particolare, definendone la lettura “all’italiana” e proponendole di specializzarsi esclusivamente nel repertorio bachiano.
Un percorso di caduta e rinascita quindi, quello vissuto da Maria Cefalà, confluito nel progetto Discovering Bach, una serie di spettacoli divulgativi che hanno debuttato al Piccolo Teatro Studio di Milano nel settembre 2018, per poi trasformarsi in un tour che ha toccato cinque carceri tra Milano, Pavia, Brescia, Napoli e Vigevano, confluendo infine nel presente progetto discografico registrato presso il teatro Besostri di Mede, in provincia di Pavia, e caratterizzato da una copertina che riproduce un’opera realizzata ad hoc dall’artista americano Neal Peterson, risultato di una rielaborazione grafica di uno spartito autografo dello stesso Bach.
Per quanti hanno avuto la ventura di avviarsi allo studio del pianoforte, le Invenzioni a due voci BWV 772 – 786 di Johann Sebastian Bach hanno con ogni probabilità rappresentato, più che un passaggio didattico obbligato, uno dei viatici attraverso i quali poter entrare in contatto diretto con il carattere espresso dall’arte di questo compositore. La raccolta delle quindici invenzioni, pubblicata nella sua forma definitiva assieme alle quindici Sinfonie a tre voci BWV 787-801 nel 1723 – ultimo anno di permanenza dell’autore a Köthen – già nelle intenzioni dello stesso Bach voleva indurre i «dilettanti della tastiera» non soltanto a imparare a suonare correttamente, ma «soprattutto ad acquistare nell’esecuzione una maniera cantabile e ad impadronirsi di un solido gusto nei confronti della composizione», come si legge nella sua premessa autografa.
Ed è proprio nella spontanea cantabilità che possiamo rintracciare il carattere principale che emerge dalla lettura di questa raccolta offerta da Cefalà, che ha scelto le Invenzioni come prima tappa di un percorso che attraversa differenti dimensioni espressive della produzione bachiana, attraversando la variegata vivacità del Concerto Italiano BWV 971, per poi concludere il suo personale viaggio tra i raffinati intarsi della Partita in mi minore BWV 830.
Un tracciato interpretativo accomunato da una freschezza di approccio personale ed immediata, che conferma il pianismo di Maria Cefalà capace da un lato di valorizzare la varietà dinamica tipicamente “italiana” del concerto del 1734 – nel quale Bach ha reinventato stilemi tratti dai vari Vivaldi, Albinoni e Marcello, i cui lavori ha conosciuto fin dagli anni della giovinezza – e dall’altro di affrontare con palese impegno la pagina che rappresenta il culmine della raccolta di sei Partite pubblicate tra il 1726 e il 1731, un’opera nella quale il compositore trascende una pur concreta difficoltà tecnica coniugando vastità di proporzioni e densità di contenuti, confermando infine quanto sia inesauribile il fascino e il portato della propria musica.