Il senso di Vivaldi per il traversiere
Una brillante incisione dei concerti per flauto Op. 10 di Vivaldi con l’ensemble Auser Musici e Carlo Ipata
Repertorio in parte decisamente conosciuto e in parte forse meno, la raccolta dei sei concerti Op. 10 per traversiere di Antonio Vivaldi è l’oggetto di una brillante incisione discografica, registrata presso la Chiesa di San Domenico a Pisa nel novembre del 2020, che vede protagonista l’ensemble Auser Musici con Carlo Ipata impegnato nel ruolo solista e alla direzione.
In questa collezione di concerti pubblicata in origine ad Amsterdam nel 1729 e, per diversi aspetti, opera tipicamente caratteristica della produzione vivaldiana, troviamo pagine tra le più frequentate per questo tipo di impianto strumentale come, per esempio, il Concerto no 3 in Re maggiore RV 428 “Il Gardellino”, conosciuto anche come “Cardellino” e proposto spesso da un interprete ampiamente popolare qual è stato il flautista Severino Gazzelloni.
Una pagina, questa, inclusa in una sorta di trilogia presente all’interno di questa raccolta, la quale riunisce tre concerti di carattere programmatico come, oltre appunto al “Gardellino”, il Concerto n. 1 in Fa maggiore RV 433 “La Tempesta di Mare” e il Concerto n. 2 in Sol minore RV 439 “La Notte”.
E proprio i rimandi evocativi che abitano questi lavori rappresentano alcuni di quegli elementi caratteristici della musica di Vivaldi che trascendono la funzione meramente descrittiva per innestare quella valenza espressiva che l’interpretazione di Ipata riesce qui a valorizzare a pieno. Un carattere, quest’ultimo, assecondato con bella affinità dalla compagine strumentale composta da Mauro Lopes Ferreira e Beatrice Scaldini (violini), Gianni De Rosa (viola), Valeria Brunelli (violoncello), Francesco Tomei (contrabbasso), Ugo Di Giovanni (arciliuto), Federica Bianchi (clavicembalo).
Altro elemento caratteristico di questi concerti è il dato virtuosistico legato in particolare allo strumento solista, quel traversiere che, se lo stesso Vivaldi ha probabilmente conosciuto quale novità all’Ospedale della Pietà di Venezia grazie a Lucieta – una delle fanciulle alle quali il compositore insegnava –, Carlo Ipata riesce qui a gestire con naturale efficacia, restituendone la cifra timbrica ora con equilibrio brillante nei momenti più vivaci, ora con intensa espressività nelle oasi più dilatate e riflessive.
Caratteri che innervano anche la lettura proposta dei rimanenti tre concerti che completano la raccolta, vale a dire Il Concerto n. 6 in Sol maggiore RV 437, il Concerto n. 5 in Fa maggiore RV 434 e il Concerto n. 4 in Sol maggiore RV 435, quest’ultimo forse tra gli esiti più ispirati di una proposta interpretativa nel complesso decisamente riuscita.