Enten Hitti, folk e psichedelia

Ritorna il progetto Enten Hitti con Via Lattea, tra free folk, new age ed echi psichedelici

enten Hitti
Disco
pop
Enten Hitti
Via Lattea
Lizard / Adn Records
2022

Mai giudicare un libro dalla copertina, dice un vecchio adagio. Faccenda lievemente diversa per i dischi, che spesso, almeno da quando è stato inventata la grafica che “presenta” e racchiude il supporto sonante, qualche indicazione sul contenuto la dà. Gli equivoci pesanti si contano sulla punta delle dita: ad esempio le copertine festosamente solari e vacanziere di certi dischi del West Coast Jazz anni Cinquanta che invece contenevano avant jazz cameristico, timbri inusuali, ricerca affilata e affinata, non sottofondi da Martini cocktail.

Se però vi imbattete in una copertina firmata da Matteo Guarnaccia, guru di un’Italia underground e freak, psichedelica e sperticatamente alternativa che resiste a dispetto di tutto, qualche indicazione sul contenuto potreste farvela. C’è un volto di donna con gli occhi verdi enormi, e il viso di donna, a propria volta avvolto in un turbine di mandala colorati, è poi anche il corpo di una farfalla. Siamo in zona “allargate l'area della coscienza”, dunque. Perché non è detto che su certe piste non ci si possa continuare a muovere, se lo si fa con gusto e convinzione.

Come fanno gli Enten Hitti. Che sono, al fondo, il progetto “aperto” (e anche questo è molto freak d'antan) di un duo di eccellenti strumentisti, Pierangelo Pandiscia e Gino Ape, attivi da oltre un quarto di secolo, da quel lontano 1996 in cui esordirono per il Consorzio Produttori Indipendenti di Massimo Zamboni e di un Giovanni Lindo Ferretti ancora immune dalle spire religiose fondamentaliste.

Pandiscia attivo a oud, chitarra, steel drum, metallofoni vari, kalimba, Gino Ape a pianoforte, oboe, xilofono. Questo il nucleo di base, che catalizza e aggrega copiose altre riserve di energie e strumenti, tornate a coagularsi per Via Lattea, un disco dedicato «Al sacro principio femminile del proteggere e generate e ad Atena». La grande madre mediterranea che arrivò prima delle culture patriarcali, dunque.

Una bella sorpresa, perché il viaggio mette in conto gran quantità di riferimenti "storici", sciolti in un oceano tranquillo di musica fortemente evocativa, ma ben lontana da certo stordito languore new age. Qui i riferimenti, anzi, saltano a piè pari cere stucchevoli velleità musicali decorative, da tappezzeria sonora, e richiedono altri riferimenti. Ad esempio il Telaio Magnetico con un giovane Franco Battiato, l'Albergo Intergalattico Spaziale. Ed ancora i gloriosi Aktuala che stendevano tappeti per crearsi un palco, gli Embryo che furono (ma ci sono ancora!) di Christian Burchard, il Don Cherry della visione più dolcemente e oltranzisticamente free folk e orientaleggiante degli anni Settanta, quello di Brown Rice, della Organic Music Society, del recentemente ritrovato Om Shanti Om registrato in presa diretta negli studi Rai del ‘76.

Far decantare il tutto senza calligrafismo richiede intelligenza sonora: e qui Enten Hitti ha piazzato un colpo magistrale, coinvolgendo molti musicisti,  parecchi dei quali proprio radicati nella stagione musicale di riferimento. Ad esempio Juri Camisasca, autentrica voce “sacra”, Jenny Sorrenti dei Saint Just, Vincenzo Zitello, Julia Berger, l'ensemble Gamelan Going Cenik. Tutto, e tutti, sciolti in un ipnotico flusso sonoro davvero convincente. Confidiamo, ora, in qualche occasione concertistica.

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