44 sfumature di Senyawa
Alkisah del duo indonesiano Senyawa è un "disco diffuso", pubblicato oltre 40 etichette in tutto il mondo
In un decennio di sorprendente attività, il duo indonesiano Senyawa si è distinto come una delle proposte soniche più originali e coinvolgente del panorama globale, con una musica in grado non solo di colpire per la forza espressiva, ma anche di mettere in discussione le categorie con cui, per comodità, pigrizia o mercato, siamo soliti inquadrare le proposte che arrivano da geografie lontane.
Unendo tecniche tradizionali e sperimentazioni, linguaggi folklorici e influenze noise/metal con una spontaneità ben lontana dall’assemblaggio consapevole postmoderno (ho sempre in mente una chiacchierata che ci siamo fatti nel 2015, in occasione della tappa veneziana del loro primo mini tour italiano, durante la quale i due mi raccontarono che il loro “riferimento” occidentale di partenza erano gli Iron Maiden), il cantante Rully Shabara e Wukir Suryadi con i suoi strumenti elettrificati autocostruiti, hanno conquistato pubblici trasversali e curiosi provenienti da mondi punk o avanguardisti, elettronici o noise.
L’uscita del nuovo disco, Alkisah, si segnala ora non solo per la musica – che continua in modo egregio la sua esplorazione di un mondo sonoro dalla grana tribale e potentissima attraverso momenti di allucinata catarsi rituale – ma anche per l’originale prospettiva distributiva “decentralizzata” che il duo ha voluto immaginare per questa musica, che ha già di suo un taglio esplicitamente politico.
Invece di pubblicarla con una sola etichetta, infatti, i Senyawa hanno lanciato una open call mondiale per etichette di ogni angolo del pianeta, nell’intento di far stampare e distribuire a ciascuna di esse una edizione “locale” limitata del disco. Il risultato è che in queste settimane solo oltre 40 le etichette (qui la lista) in tutto il mondo che possono fregiarsi di avere nel proprio catalogo Alkisah dei Senyawa, libere di immaginare il formato e l’artwork più idoneo per la propria comunità di ascoltatori e di contribuire con bonus tracks di remix delle tracce.
Per l’Italia il progetto è stato accolto da Communion e Artetetra con una produzione in cassetta in tiratura ultralimitata (150 copie) e con MAKA, album digitale di 16 rework realizzati da artisti italiani selezionati che vanno da Nicola Ratti a Mai Mai Mai o Laura Agnusdei.
Dal momento che, dati i soggetti e il tipo di musica, siamo ben lontani dalla trovata pubblicitaria, aggiungo volentieri qualche breve riflessione sull’operazione, che va con grande intelligenza a scardinare l’idea omnipervasiva delle piattaforme di streaming, lavorando piuttosto sulle tante comunità di possibili ascoltatori che esistono in ogni luogo del pianeta.
Con linguaggi e pratiche così peculiari – che, specialmente su disco, perché dal vivo “spettinano” chiunque, si rivolgono per forza a un numero selezionato di appassionate e appassionati – l’idea di raggiungere in modo capillare tutti i possibili destinatari (fossero anche pochi, come la tiratura dell’edizione italiana, tra l’altro con un medium desueto come la cassetta) è non solo un'efficace modalità di vendita, ma anche un sistema per coinvolgere e valorizzare tutta la filiera, per dare alle label che condividono un certo pensiero estetico la capacità di saldare al meglio il legame con i propri followers, di lavorare secondo logiche di sostenibilità.
Che questa visione sia venuta da due artisti che hanno inciso la loro musica in una casa circondata da giungla e vulcani nel mezzo dell’isola di Giava, a questo punto, spero proprio non vi sorprenderà.