Un'arma per sognare

Intervista a Pablo Milanés, dagli inizi alle nuove canzoni, dalla politica all'amore

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Pubblichiamo quest'intervista, realizzata a Latinoamericando 2006 e inedita, in occasione del ritorno di Pablo Milanés al festival milanese di quest'anno.


Pablo Milanés è nato a Bayamo, nell'oriente di Cuba, nel '43. Precoce nel manifestare la sua vocazione per il canto, a partire dai sei anni, accompagnato dalla madre, Pablito cominciò a frequentare gli studi delle radio e a partecipare a concorsi radiofonici, prima a Bayamo, poi all'Avana dove la famiglia si era trasferita. Ancora bambino inizia ad esibirsi come musicista ambulante nei caffè della capitale, interpretando bolero e canzoni messicane, ma frequenta anche le messe cantate della chiesa presbiteriana. Negli anni Cinquanta ascolta musica proveniente dagli Stati Uniti e si avvicina al movimento del filin, che dagli anni Quaranta ha innovato la canzone cubana. Dopo la rivoluzione Aida Diestro, una delle protagoniste del filin, lo fa entrare come prima voce nel gruppo vocale El Quarteto del Rey, specializzato in negro spirituals. Stringe amicizia con i grandi del filin, Elena Burke, Omara Portuondo, Portillo de la Luz, e scopre Bach attraverso l'elaborazione semi-jazzistica che ne danno gli Swingle Singers: le sue prime canzoni rivelano l'influenza del filin, del barocco e di musicisti come Michel Legrand. Nel nuovo clima rivoluzionario l'urgenza di superare l'impasse nella quale si è arenato il romanticismo del filin spinge Milanés a rivalutare la canzone tradizionale cubana. Suggestionato dal primo Encuentro Internacional de la Canción Protesta, che porta a Cuba cantanti impegnati da ogni parte del mondo, nel '67 scrive "Yo vi la sangre de un niño brotar", canzone di denuncia sull'aggressione americana al Vietnam.
Le canzoni di Milanés vengono notate dal Centro de la Canción Protesta della Casa de las Americas. Milanés entra in contatto con un altro giovane cantautore, Silvio Rodríguez: a presentarli è Omara Portuondo. Pablo, Silvio e Noel Nicola sono fra i giovani che nel febbraio del '68 partecipano al primo concerto del Centro de la Canción Protesta: è la premessa del movimento della Nueva Trova. Milanés rimane impressionato dalla personalità di Haydée Santamaria, che ha partecipato all'assalto al Moncada ed è stata fra i dirigenti della lotta rivoluzionaria, ed è l'anima della Casa de las Americas. Compone "Si el poeta eres tú", dedicata a Guevara. Intanto sue canzoni d'amore vengono adottate dalla grande Elena Burke. Milanés scopre Violeta Parra e Victor Jara. Nel '69 viene cooptato nel Grupo de Experimentación Sonora creato da Alfredo Guevara per operare nell'ambito dell'Instituto del Cine e diretto da Leo Brouwer.
Nel '72 è in Cile, dove ha occasione di incontrare Allende: lo shock del golpe del '73 produrrà due canzoni come "A Salvador Allende en su combate por la vida" e "Yo pisaré las calles nuevamente". I primi album personali importanti, alla fine degli anni Settanta, danno il via ad una intensa attività discografica. Con titoli come "No vivo en una sociedad perfecta", "Amo esta isla", "Yo me quedo", Milanés ribadisce il suo legame con Cuba. Negli anni Ottanta è spesso con grande successo all'estero; nell'83 è per la prima volta in Brasile, dove si esibisce assieme a Chico Buarque. Alla metà degli Ottanta l'album doppio Querido Pablo, con importanti partecipazioni, rappresenta un consuntivo di venti anni di lavoro.
Nella seconda metà del decennio, assieme a Silvio Rodriguez, compone la canzone "Quando te encontré", dedicata alla rivoluzione cubana. Nell'88 percorre l'isola in un giro di ventidue concerti.
Dagli anni Novanta l'attività discografica di Milanés è stata fra l'altro largamente consacrata al recupero e alla reinterpretazione di canzoni dei repertori del bolero e del filin. Del '94 è l'album "Omaggio a Pablo Milanes": un florilegio di sue canzoni interpretate in italiano fra gli altri da Paoli, Bertoli, Vecchioni, Finardi, Locasciulli, Mau Mau, ma la distribuzione degli album di Milanés in Italia è tutt'ora insoddisfacente.


Silvio Rodriguez disse che per lui la musica era come la pistola e la canzone come il proiettile: a quarant'anni di distanza, Lei cosa pensa di una formula di questo genere?
«Continuo a pensare che la canzone sia un'arma, che però non cambia la realtà della vita. Un'arma per sognare, un'arma spirituale... E sono sicuro che Silvio lo disse in questo senso metaforico. Perché si è dimostrato milioni di volte che quello che cambia la realtà sono altre cose».

Che idea ha del suo modo di fare canzoni oggi ?
«Ci sento una maniera più saggia di dire le cose, che gli anni, il tempo, la storia stessa producono in una persona. Si è più misurati nel parlare, nel sentire le emozioni, più cauti nel parlare di poesia. Non si diventa saggi da soli, dei saggi della parola: in definitiva credo che la saggezza la diano gli anni. Anche se credo che l'essenza continui ad essere la stessa. Gli anni danno la saggezza che forma un altro modo di esprimersi, un altro modo di vedere le cose. Uno continua ad essere lo stesso: però hai un altro linguaggio. Anche la storia ti aiuta a cambiare: gli avvenimenti non sono quelli di cinquant'anni fa, di venti, se vogliamo nemmeno di cinque anni fa... La vita è un accadere violento: e questa somma di avvenimenti lo si avverte nella parola contemporanea, si sente quello che sta succedendo in quel momento».

"Yolanda" è una delle sue canzoni d'amore più famose: e nella realtà, Yolanda ?
«È stata la mia seconda moglie, la madre delle mie prime tre figlie, è una donna che ancora oggi, molti anni dopo che ci siamo separati e abbiamo divorziato, è mia grande amica: una donna straordinaria, favolosa, che ha meritato con tutti gli onori questa canzone».

Dopo "Yolanda", si può parlare di una traiettoria della sua riflessione sul tema dell'amore, e se sì, dove è arrivata ?
«Come no, certo. Credo che sia stato un errore definirci dei cantanti impegnati socialmente e politicamente e niente di più. Noi abbiamo coltivato la canzone d'amore fin dal principio, come qualsiasi altro tipo di canzone, qualsiasi altro tipo di tematica. Perché quello che cercavamo era di fare una nuova poesia, che includeva tutte le tematiche: potevamo occuparci della quotidianità del nostro paese o di amore e delle sue contraddizioni. Io in particolare ho sempre cercato di non proporre un amore facile, espressivamente superficiale o artificiale, ma un amore conflittuale, e l'ho sempre rappresentato nelle mie canzoni. Penso che "Yolanda" sia una delle poche eccezioni, perché è una canzone felice. Ho sempre cantato i problemi nella relazione di coppia: un tema che ho sviluppato molto, fino ad oggi».

Come è cambiata la musica cubana in questi anni ?
«Credo che sia cambiata in modernità. I musicisti cubani sono molto informati, anche al di là della tradizione di secoli di musica cubana che abbiamo avuto. I ritmi si avvicendano vertiginosamente, le melodie, i testi stessi, che parlano della quotidianità cubana: le orchestre popolari sono abituate ad essere dei cronisti dell'epoca, nella forma più affabile e divertita, e credo che questo faccia sì che la musica sia una continua e straordinaria rielaborazione. Sul piano tecnico poi i musicisti cubani sono molto ferrati: i cubani sono molto studiosi. Una tradizione musicale straordinaria, grande padronanza tecnica e attenzione alla quotidianità: queste cose messe insieme danno una qualità».


Cosa sarebbe oggi Pablo Milanés se non fosse diventato un musicista ?
«Non mi vedo in altro modo: in passato sì, vagheggiavo altre cose, ma ormai ho questa età, il tempo è finito, e non riesco a immaginarmi altrimenti che come uno che canta e con una chitarra in mano».

Dopo l'album dell'85 Querido Pablo, realizzato con la partecipazione di colleghi come Joan Manuel Serrat, Mercedes Sosa, Chico Buarque, a cui poi ha fatto seguito nel 2002 Pablo Querido, con Gal Costa, Milton Nascimento, Caetano Veloso, Tania Libertad, Soledad Bravo, Eugenia León, si era parlato del progetto di un disco con Bob Dylan e Stevie Wonder, fra gli altri. Che cosa ne è stato ?
«Era coinvolto anche Sting, per esempio. Tre anni fa, nello stesso periodo di Pablo Querido, erano stati organizzati un paio di appuntamenti con loro, ma stavo vivendo un momento emotivo, personale, molto negativo, e non ho potuto presentarmi. Così il progetto è saltato.

Che repertorio ci dobbiamo aspettare dal suo concerto ?
«Canzoni di un'epoca precedente, che devo cantare quasi obbligatoriamente, e che del resto mi fa molto piacere riproporre, come "Yolanda" o "El breve espacio en que no estás". Però voglio anche cercare di far conoscere delle canzoni dei miei due o tre ultimi dischi, successivi all'ultima visita che ho fatto qui, come quelle che fanno parte di un disco nuovo che si intitola Como un campo de maiz».

Una canzone scritta da lei, Silvio Rodriguez e Noel Nicola, "Cuba va", diceva: "del amor estamos hablando, por amor estamos haciendo, por amor se está hasta matando" ("stiamo parlando di amore, per amore stiamo facendo, per amore si sta perfino uccidendo"). Secondo lei, per amore quante cose stanno ancora nascendo a Cuba?
«Moltissime, penso. Credo che a Cuba si siano seminate tante belle cose, che sono incancellabili dalla memoria del cubano. Poi ci sono stati gli errori commessi successivamente, le cose che io adesso critico: perché, pur con tutte le lodi che rivolgo alla rivoluzione cubana, sono anche molto critico. Ma penso che ci siano cose che sono rimaste nella storia, e che il cubano che ha buona memoria non può dimenticare: rimangono queste cose belle per le quali, lo confesso sinceramente, morirei ancora oggi».

Lei è un habitué della coca cola light. Che altri vizi ha ?
«Innumerevoli. Come tuttti gli esseri umani».

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