Ascoltatori appassionati, collezionisti irriducibili, indomiti sognatori, enciclopedie viventi: sono i tanti uomini e donne che, pur avendo un altro lavoro, fanno dei dischi e della musica una delle attività più importanti della loro quotidianità. A queste persone, portatrici di stimoli, idee, emozioni e cultura musicale, abbiamo deciso di dedicare una rubrica, Selfie con dischi, un veloce ritratto in cui possono raccontare se stessi, la loro passione e, soprattutto, suggerirci un sacco di ascolti!
LEGGI TUTTE LE PUNTATE
Oggi è la volta di Vincenzo Crisci.
Nome: Vincenzo Crisci
Dati personali: 47 anni, libraio, Venezia
Dischi posseduti: oltre 1700 cd e 800 vinili
Formati: cd e vinile
Generi preferiti: ascolto tutto tranne il country e la musica da balera. La maggior parte della mia collezione è jazz dalle origini alle avanguardie.
Quante ore di musica ascolti mediamente al giorno e in che momenti?
«Allora, ascolto musica per circa quattro ore al giorno, circa perché porto sempre con me le cuffie quindi l'ascolto può variare di molto, dipende dal tragitto. A un ascolto attento dedico due ore a casa, la sera».
C’è un formato che preferisci?
«Amo entrambi i formati ma il vinile rimane il mio preferito, più per un fattore affettivo che puramente sonoro. Ma non solo. Pur avendo usufruito per anni e con foga bulimica della musica liquida ho sentito il bisogno di ridimensionare la mia attitudine all'ascolto, un approccio meno convulso e più mirato. Il vinile è perfetto per questo. Poi l'artwork, l'odore, la cura che devi avere nel maneggiarli, le azioni rituali che compi prima di mettere su la puntina ti mettono nello spirito giusto e l'ascolto risulta più attento. Più godibile».
«Pur avendo usufruito per anni e con foga bulimica della musica liquida ho sentito il bisogno di ridimensionare la mia attitudine all'ascolto, un approccio meno convulso e più mirato. Il vinile è perfetto per questo».
Quando hai comprato il tuo primo disco? Ti ricordi qual era?
«Ci ho pensato un bel po' a questa domanda poi ho avuto un flash! Credo che sia una di quelle terribili raccolte di successi radiofonici che facevano negli anni ottanta. Oro Puro si chiamava. Non ricordo il numero. Dentro c'era Matt Bianco e Adriano Celentano, forse le Bananarama. Comunque essendo originario di Pordenone fui presto travolto dall'ondata punk e nascosi il disco nella collezione di mio zio per non essere linciato. Credo sia ancora lì. Il primo vero disco comprato con coscienza è stato Meddle dei Pink Floyd. Da cui partì un amore sconfinato per i Floyd che dura ancora adesso».
Dove acquisti principalmente i dischi?
«Su internet la maggior parte. Ma quando visito una città, il negozio di dischi locale è una tappa obbligatoria».
Ci sono dischi che ascolti dedicandoti solo a quello e altri che ascolti facendo altre attività?
«Il jazz e il rock li ascolto sempre sia come sottofondo che seriamente, il jazz quando cucino o faccio lavori in casa è un must. Per la classica preferisco un ascolto dedicato».
Esiste un disco che hai amato tanto e che ora non riesci più a ascoltare, che non ti piace più?
«Oltre a Oro Puro? [ride]. I Doors, li ho amati molto da adolescente ma oggi non potrei sentire una nota senza che mi venga un attacco di itterizia. Anche gli U2 non riesco ad ascoltarli più da un pezzo. Tutte passioni giovanili. Tra i gruppi più recenti i Tool, che ho amato moltissimo e adesso proprio non riesco ad ascoltare. L'ultimo ad esempio mi ha annoiato a morte».
Possedendo tutti quei dischi, quante volte in media ascolti in un anno un disco nuovo?
«Una decina di volte. Cinque a breve distanza, cinque sul lungo periodo.È lo standard. Poi dipende, se un disco mi prende veramente anche cinquanta. Ultimamente mi è successo con Arrival della Fire! Orchestra, spesso è sul piatto. L'ultimo disco di Jeff Parker sta seguendo questo iter. Ma per fare un altro esempio, Circuits di Chris Potter, pur essendo tecnicamente un bel disco, non mi ha entusiasmato e l'avrò sentito meno di dieci volte e non ne sento un particolare bisogno».
Ci sono dischi recenti che pensi ascolterai ancora tra 10 anni?
«Due dischi di Jamie Saft: Blue Dream e You don't Know the Life. Pazzeschi. Li sento in continuazione è mi regalano ogni volta qualcosa di nuovo. Poi sono registrati magnificamente».
Quali sono i tre dischi che più hai ascoltato (o ritieni di avere ascoltato) nella tua vita di ascoltatore e quelli che più hai ascoltato negli ultimi mesi?
«In tutto l'arco della mia vita sicuramente tutti i dischi dei Pink Floyd, ma il disco che ho veramente consumato tra i tanti è stato The Final Cut: affettivamente parlando per me è il più bello, lo preferisco addirittura a The Wall, ma sono opinioni personalissime. Sono sempre stato un orgoglioso Watersiano».
«Etcetera di Wayne Shorter è sicuramente il disco jazz che ho ascoltato di più anche perché è stato il mio primo disco jazz, che comprai da Nannucci a Bologna quando ero studente. È una spugna di ricordi. Di recente ne ho anche acquistato la versione “Tone Poet”, una meraviglia che consiglio a tutti. Laughing stock dei Talk Talk è un'altra mia pietra miliare e vorrei aggiungere anche Secrets of the Beehive di David Sylvian».
«Negli ultimi mesi sicuramente i due di Jamie Saft che ho citato ma anche Live at Village Vanguard vol.1 di Steve Coleman. L'ultimo di Carla Bley mi piace moltissimo».
Dovessi consigliare un solo disco della tua collezione a una persona che non lo conosce, quale sarebbe?
«Di sicuro non sceglierei uno dei mostri sacri che tutti più o meno abbiamo nelle nostre collezioni. Sceglierei una piccola perla: Nootropics dei Lower Dens, di cui ho una versione a 45 giri spettacolare».