Forse qualcosa si muove anche nell’edulcorato mondo dell’opera lirica. Se l’Europa è ancora un’idea astratta, qualcuno ci pensa e qualcuno già ci prova. Un’escursione sulle proposte di un anno – o poco più – di produzioni d’opera: ecco le 10 opere liriche più belle del 2017.
VAI AI MIGLIORI CONCERTI DI MUSICA SINFONICA
1. Monteverdi 450, Teatro la Fenice (e in tour)
È stato il compleanno più importante dell’anno che sta per finire. Claudio Monteverdi ha spento quest’anno 450 candeline e il gesto non è passato inosservato. La città monteverdiana per eccellenza, Venezia, vince la palma per aver accolto la festa più bella: le tre opere sopravvissute fino a noi, Orfeo, Il ritorno di Ulisse in patria e L’incoronazione di Poppea dal Teatro La Fenice cominciano un lungo viaggio in giro per l’Europa e non solo. Tre opere una dopo l’altra, tre giorni di festa di una compagnia “di giro” che è difficile immaginarsi migliore. La mente è John Eliot Gardiner, l’esperto più esperto, che non solo dirige ma, con Elsa Rooke, cura anche la messa in scena che, nella sua assoluta semplicità, restituisce la forza e il senso più profondo della grande invenzione monteverdiana.
VAI ALLA RECENSIONE DELLE OPERE
2. Lulu, Alban Berg, Hamburgische Staatsoper
Nello spazio di una stagione o poco più Amburgo è stata capace di aprire una delle più belle sale da concerto in Europa e a rilanciare la sua opera un po’ appannata. È stata grande e vuole riprendersi il posto che le spetta. Georges Delnon e Kent Nagano sanno come muoversi e piazzano uno dei colpi più riusciti della scorsa stagione, nonostante la feroce concorrenza delle scene d’opera tedesche: la Lulu che producono il genio registico di Christoph Marthaler, la competenza musicale di Kent Nagano e l’intelligenza della protagonista Barbara Hannigan è bellissima. Non c’è niente di sacro, non c’è niente di intoccabile: il teatro deve essere vivo e loro a farlo vivere ci riescono perfettamente.
VAI ALLA RECENSIONE DELL'OPERA
3. Aquagranda, Filippo Perocco, Teatro la Fenice
Se nell’Italia dell’opera ci fosse un premio per le scelte coraggiose andrebbe assegnato al Teatro La Fenice. Il 4 novembre 2016, a cinquant’anni esatti, l’acqua inonda la scena del teatro veneziano. No, questa volta non è la stagionale acqua alta ma Aquagranda, un’opera nuova di un compositore giovane, Filippo Perocco, che di opere per un grande pubblico non ne ha praticamente mai fatte prima. E funziona, come quando si mette la passione e ci si crede fino in fondo (e nei teatri italiani si crede ancora poco): un soggetto che parla ancora alla memoria e al cuore di molti veneziani, la confezione della geniale ditta Michieletto&Fantin, e tutte le forze e i talenti di un teatro al servizio del progetto. Ed è un grande successo.
VAI ALLA RECENSIONE DELL'OPERA
4. Ariodante, Georg Friedrich Händel, Salzburger Festspiele Pfingsten
Il rischio di diventare il mausoleo della tradizione è sempre presente, specie se quella tradizione è gloriosa. Sono lontanissimi gli anni del torpore del vecchio Karajan e molto lontani quelli degli sberleffi di Mortier. Lentamente Salisburgo ha ritrovato un suo equilibrio senza rinunciare a essere l’appunto più glamour dell’estate musicale europea. La prima volta al timone di Mark Hinterhauser è di quelle che non si dimenticano nella sua scommessa riuscita di conciliare gli opposti. Gli dà una mano Santa Cecilia (Bartoli), che per il suo trionfale Ariodante si presenta in versione Conchita Würst e ripete ancora una volta il miracolo della Pentecoste salisburghese.
VAI ALLA RECENSIONE DELL'OPERA
5. Tristan und Isolde, Richard Wagner, Opera di Roma
Daniele Gatti si è affermato come uno dei più rinomati interpreti del teatro musicale wagneriano a livello internazionale. Ha diretto anche nell’epicentro del wagnerismo mondiale di Bayreuth dove tornerà nel 2020 per il Ring. Mancava l’Italia, ma finalmente il 2017 lo ha visto dirigere i Meistersinger von Nürnberg alla Scala e soprattutto il Tristan und Isolde a Roma, con il quale inscrive il suo nome fra quello dei grandi interpreti dell’opera più bella di Richard Wagner.
VAI ALLA RECENSIONE DELL'OPERA
6. Semiramide, Gioachino Rossini, Bayerische Staatsoper
Wagner in Italia e Rossini in Germania: l’Europa operistica starà diventando davvero unita? In una delle città che gronda memorie wagneriane, Monaco di Baviera, va in scena per la prima volta Semiramide, l’ultima opera italiana di Gioachino Rossini, e lo si fa con tutti i crismi come usa da quelle parti. Per un’opera che è la celebrazione del belcanto a dirigerla chiamano uno dei giovani moschettieri del belcanto italiano, Michele Mariotti, e un cast di stelle rossiniane. Peccato per la messa in scena di David Alden o si sarebbe potuto parlare di trionfo incondizionato.
VAI ALLA RECENSIONE DELL'OPERA
7. Inedia prodigiosa, Lucia Ronchetti, Terme di Diocleziano
Non sono in molti i compositori in giro capaci di fare davvero teatro musicale. Lei è sicuramente una di questi, e riesce a farlo anche con uno strumento solo e anche senza una scena. Si esprime con lingua di oggi ma non dimentica mai il passato, nel quale spesso si specchia per capire di più l’oggi. È la romana Lucia Ronchetti che, raccolti successi e apprezzamenti fuori dal suo paese (a lei l’onore di inaugurare il nuovo spazio della musica di oggi nella rinnovata Staatsoper di Berlino con Rivale), torna a casa e fa rumore con le sue storie di mistiche anoressiche in Inedia prodigiosa, commissionata dal Teatro Massimo di Palermo. RomaEuropa e dell’Accademia di Santa Cecilia scommettono su di lei, organizzano tre serate nell’aula più grande nelle Terme di Diocleziano e sbancano.
VAI ALLA RECENSIONE DELL'OPERA
8. Tannhäuser, Richard Wagner, Bayerische Staatsoper
Lentamente, molto lentamente, qualcosa si muove anche sulle ancora troppo imbalsamate scene d’opera italiane. Fa male ai nostri teatri, che continuano a essere assenti nel panorama europeo (escluso l’appuntamento super glamorous di Sant’Ambrogio), e fa male a un pubblico che invecchia. Fa anche male all’immagine di un paese che ha ripreso a esportare ma certamente non i suoi modelli di produzione culturale. Qualche eccezione c’è. Una si chiama Romeo Castellucci, regista sfugge a etichettature nazionali con il suo metodo radicale e molto spinto sul versante concettuale. Un approccio che applica anche al Tannhäuser di Richard Wagner e proprio nel teatro dove il compositore è intoccabile. Disseminato di simboli e immagini bellissime e dalla grande forza evocativa che sembrano parlare d’altro e invece scavano nel senso più profondo. E lo stesso fa Kirill Petrenko nella musica di Wagner. Per chi crede che l’opera sia soprattutto un’esperienza intellettuale e non solo intrattenimento di lusso.
VAI ALLA RECENSIONE DELL'OPERA
9. Tamerlano, Georg Friedrich Händel, Teatro alla Scala
E la Scala? La corrazzata operistica di casa nostra è poco propensa alle novità. In ritardo di trent’anni sulle grandi maisons d’opéra europee, la novità è il barocco e per di più suonato secondo le prassi antiche grazie a Diego Fasolis. E così anche alla Scala Händel diventa abitudine: dopo Il Trionfo del Tempo e del Disinganno, arriva la grande opera con Tamerlano. Magari non siamo ancora al capolavoro, magari Plácido Domingo non ha davvero uno stile di canto barocco ma la morte in scena del suo Bajazet è da grande e vale la serata.
VAI ALLA RECENSIONE DELL'OPERA
10. Elektra, Ruth Berghaus / Tristan und Isolde, Heiner Müller, Opéra National de Lyon
Europa? Sì, forse. Ne riparliamo. Lione invece esiste e sembra crederci. Metti insieme un teatro francese, un direttore generale belga, Serge Dorny, un direttore musicale italiano fresco di nomina, Daniele Rustioni, e la programmazione prende davvero un sapore europeo. E persino i tedeschi ne parlano come della migliore Opernhaus dell’anno. Sì, proprio loro, che di sale d’opera in attività ne hanno quasi 90. E Lione ricambia con un festival che intitola Memoires che ripesca due classici del vituperato Regietheater delle origini: Elektra di Ruth Berghaus (Dresda, 1986) e il Tristan und Isolde di Heiner Müller (Bayreuth, 1993). Non è restaurazione ma magari vale la pena di voltarsi indietro anche per capire dove stiamo andando.
VAI ALLA RECENSIONE DELL'OPERA