Non amo le classifiche. A maggior ragione da una decina d’anni, ovvero da quando ogni pretesa di esaustività sugli ascolti è vanificata dalla quantità abnorme di pubblicazioni.
Pertanto, tra un mese o due questa playlist (10 dischi poi sono proprio pochi…) potrebbe essere drasticamente diversa; ma questo lo sapete tutti, no?
Per il momento, ho dato sfogo al mio eclettismo di ascoltatore onnivoro; qualcosa che incontra anche i vostri gusti ci dovrebbe essere…
– Leggi tutte le classifiche del 2023
1. Aksak Maboul, Une aventure de VV (Songspiel) (Made To Measure/Crammed)
La perfezione nel combinare gli sperimentalismi d’avanguardia con l’ascoltabilità del pop, attraverso un ventaglio stilistico inesauribile. 40 anni (e oltre) e non sentirli.
2. C’mon Tigre, Habitat (Intersuoni)
La band italiana col suono meno italiano di tutte si conferma un melting pot di funk, jazz, electro, afrobeat e (questa volta in particolare) ritmi brasiliani, tanto eccitante quanto affascinante.
3. James Holden, Imagine This Is a High Dimensional Space of All Possibilities (Border Community)
Il miglior disco di elettronica dell’anno è perfettamente rappresentativo di come si sono evoluti i dischi del genere in questi ultimi anni: eclettici fino al parossismo, con beat variabili e un sound cangiante e colorato, ricchi di suggestioni mutevoli e imprevedibili.
4. Kelela, Raven (Warp)
Il nuovo soul nella sua piena maturità: funky leggero ma tenace, melodico ma con un groove soffuso sempre presente, delicato all’apparenza ma capace di lasciare un segno importante. (a pari merito, non entra nella top ten per un soffio ma per gli amanti del genere è altrettanto valido: My Soft Machine di Arlo Parks.)
5. Mandy, Indiana, I’ve Seen A Way (Fire Talk)
Il vero post punk dei nostri giorni è questo: beat ossessivi, elettronica tribale, testi criptici (in francese), sound urticante, atmosfere nichiliste e malate. Un esordio che meritava più risonanza di quella che ha realmente avuto.
6. The Necks, Travel (Northern Spy)
Minimalismo di raro fascino. Suggestioni tra jazz, post rock e psichedelia, oltre un’ora e un quarto di ascolto iterativo e non una nota di troppo. Disintossicante come nient’altro.
7. Daniela Pes, Spira (Tanca)
La sorpresa italiana dell’anno: un viaggio sospeso tra l’isolazionismo della campagna sarda e le atmosfere di un sogno psichedelico, ispirate alla musicalità del produttore Iosonouncane. Imperdibile, anche dal vivo
8. PJ Harvey, I Inside The Old Year Dying (Partisan)
The Queen is Alive.
9. Squid, O Monolith (Warp)
Oltre, ben oltre il post punk: quando la libertà espressiva abbandona le fonti di ispirazione iniziali e si sviluppa in una free form di ardua classificazione.
10. Sufjan Stevens, Javelin (Asthmatic Kitty)
Dopo essere stato il miglior cantautore del nuovo millennio e aver inciso una ventina di dischi, potremmo quasi essere stufi del buon Sufjan. Invece fa un album nuovo a metà tra la sua vena più pop e la tendenza intimista, ed è pura bellezza.