Fedra e le seduzioni queer

Nel suo libro Federica Marsico indaga le riletture del mito in opere di Britten, Bussotti e Henze

Peter Paul Rubens, La morte di Ippolito (1611-1613 ca.)
Peter Paul Rubens, La morte di Ippolito (1611-1613 ca.)
Articolo
classica

A fermarsi al titolo, La seduzione queer di Fedra. Il mito secondo Britten, Bussotti e Henze (Roma, Aracne Editrice 2020), questo potrebbe apparire un libro che si colloca nella scia di una tematica di qualche attualità, viste le polemiche più o meno sensate attorno ai temi che rimandano alle identità di genere che da qualche tempo abitano i vari media, dentro e fuori il web.

Marsico_Fedra_Aracne_2020

Ma il lavoro di Federica Marsico, palesemente avulso dalle mode del momento, approccia seriamente il tema degli studi di genere applicati alla musica attraverso un metodo solido e approfondito, derivato dal percorso di ricerca confluito nella tesi di dottorato discussa nell’anno accademico 2014-2015 presso l’Università degli Studi di Pavia e che la studiosa ha in seguito rielaborato e sviluppato nelle pagine di questo volume realizzato con il contributo del Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Come sottolinea Michele Girardi nella sua Prefazione – rievocando la dahlhaussiana “persona empirica del compositore” da un lato e il prodotto della sua creatività dall’altro – gli «studi di genere sono un campo difficile da arare. […] Ma senza l’interazione tra la vita e le partiture si resta nel campo del pettegolezzo, e la nostra conoscenza dell’artista, e delle sue scelte creative non fa un solo passo in avanti».

Una consapevolezza che l’autrice mette qui nero su bianco tracciando un percorso articolato in due parti, nella prima delle quali vengono presentate le teorie e gli studi di riferimento – capitolo primo, nel cui ambito emerge tra i rimandi più rilevanti la figura della studiosa statunitense Judith Butler – per poi delineare il perimetro del discorso con i capitoli titolati “Una queerness a tre voci”, “Sulle tracce dell’omoerotismo nel mito” e “Potenzialità queer del mito di Fedra”.

Nella seconda parte Marsico ci accompagna in un’analisi strutturata delle opere scelte quale campo di indagine, partendo dalla cantata per mezzosoprano e piccola orchestra Phaedra (1975) di Benjamin Britten, passando poi all’opera Le Racine. Pianobar pour Phèdre (1980) di Sylvano Bussotti – compositore peraltro da poco scomparso – e giungendo infine a Phaedra (2007) “Konzertoper” in due atti di Hans Werner Henze.

Hans Werner Henze, "Phaedra", Berlino 2007 (foto Ruth Walz)
Hans Werner Henze, "Phaedra", Berlino 2007 (foto Ruth Walz)

Come evidenzia la stessa autrice in avvio del suo Prologo, «l’esame delle composizioni di Britten, Bussotti e Henze aventi per soggetto il mito di Fedra ha messo in luce strade differenti percorse dai tre compositori per sviluppare le potenzialità queer dell’antico racconto. Britten incentra il proprio adattamento sulla figura della regina e quindi sull’aspetto delle pulsioni devianti dalla norma; Bussotti si concentra sullo slancio del desiderio erotico vissuto nelle sue componenti carnali; Henze elabora il tempa del rifiuto dell’amore procreativo indirizzando la propria attenzione sul personaggio di Ippolito».

Tre declinazioni differenti, quindi, dell’influenza sull’opera musicale di altrettanti modi di trasferire nel linguaggio musicale elementi legati anche indirettamente al vissuto personale degli autori, ognuno dei quali ha gestito la propria omosessualità – sia nella sfera pubblica sia in quella privata – in maniera diversa. Elementi innestati tra le pagine di queste opere in maniera potremmo dire nascosta: «dalle osservazioni relative al linguaggio musicale adoperato dai tre autori – annota Marsico – è emerso che gli aspetti della partitura che contribuiscono a delineare una drammaturgia queer sono difficilmente percepibili dall’ascoltatore e si manifestano piuttosto all’occhio dello studioso interessato a rintracciarli».

Ed è proprio per questo carattere non superficiale – inteso sia come approccio sia come oggetto di indagine – che questo studio appare tanto più interessate, rappresentando un indicativo esempio di ricerca musicologica svolta in un frangente tutto sommato ancora poco frequentato e quindi lungi dall’essere trattato in maniera esaustiva (ma la ricerca, peraltro, non si realizza maggiormente nell’indagare nuovi quesiti da porre, piuttosto che offrire certezze definitive?).

Completano il volume una Appendice nella quale Marsico riassume la storia del mito di Fedra in musica, e gli Indici dei nomi e delle composizioni dei tre autori presi in considerazione.

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