L’8 maggio 2024 è morta a 87 anni Giovanna Marini, cantante, compositrice, ricercatrice e didatta fra le più apprezzate della scena folk italiana – per quanto la stessa etichetta di “folk” (o di musica “popolare”, o “tradizionale”) stia stretta a una musicista che per oltre cinquant’anni di carriera ha costantemente cercato di coniugare la scoperta – spesso stupita ed emozionata – delle pratiche vocali delle tradizioni orali italiane con la dimensione creativa e le risorse della musica colta.
Figlia del compositore Giovanni Salviucci (Marini è il cognome del primo marito), Giovanna Marini si forma come chitarrista classica al Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, dove si diploma nel 1959. Si specializza poi con Andrés Segovia e approfondisce lo studio del liuto e della musica antica, fino al suo decisivo incontro – nei primi anni sessanta – con il Nuovo Canzoniere Italiano di Gianni Bosio e Roberto Leydi.
Con il gruppo Marini comincia da subito a collaborare, dapprima in duo con Maria Teresa Bulciolu e poi come solista e talvolta musicista accompagnatrice, partecipando per tutti gli anni sessanta e settanta a decine di dischi, percorrendo l’Italia in lungo in largo per concerti e per ricerca (una fase di grande vivacità, raccontata nel libretto Italia, quanto sei lunga, 1977).
Per ripercorrere la sua carriera, ho scelto 10 titoli dalla sua enorme discografia, che anche negli ultimi anni – soprattutto grazie all’attività dell’etichetta Nota e alle molte ristampe del vecchio materiale – ha continuato ad espandersi.
1. Il Nuovo Canzoniere Italiano, Le canzoni di Bella ciao, 1965
Dopo alcuni 45 giri incisi per i Dischi del Sole, Giovanna Marini è fra le protagoniste dello spettacolo Bella ciao del Nuovo Canzoniere Italiano, che nel giugno del 1964 scandalizza il pubblico del Festival dei Due Mondi di Spoleto e apre la strada al folk revival in Italia.
Marini partecipa con diversi canti del centro Italia – in verità, proposti come “tradizionali” ma da lei direttamente composti, come ammetterà candidamente anni dopo. Fra questi spicca “Cade l’uliva”, che anni dopo sarà rielaborato da Domenico Modugno con il titolo “Amara terra mia”.
2. Vi parlo dell’America, 1966
Per seguire il marito, fisico nucleare, Giovanna Marini si trasferisce a Boston per diversi mesi nel 1965. Qui ha modo di conoscere la scena del folk statunitense, e di entrare in contatto con il Civil Rights Movement.
La sua personale scoperta del mito americano, e la delusione che ne segue, entra in quella che è una delle sue prime ballate lunghe, “Vi parlo dell’America”, pubblicata dai Dischi del Sole nel 1966.
3. Chiesa Chiesa, 1967
Dopo Vi parlo dell’America, comincia la stagione delle ballate, lunghi stream of consciousness tematici in cui Giovanna Marini, accompagnandosi alla chitarra, mescola suggestioni da musiche tradizionali e invenzioni da autrice. Fra le più riuscite c'è questa, dedicata alla Chiesa.
4. Paolo Pietrangeli, "Contessa", 1968
Attiva sulla scena romana e nell’ambito del Nuovo Canzoniere Italiano, Giovanna Marini mette la sua voce e la sua chitarra in molti dischi e spettacoli del periodo. Pur non essendo un suo brano, è rilevante citare la sua partecipazione come chitarrista e arrangiatrice alla canzone più famosa del Sessantotto italiano, “Contessa” di Paolo Pietrangeli. Difficile non riconoscere la sua mano.
5. I treni per Reggio Calabria, 1976
Al culmine della “stagione delle ballate” arriva uno dei brani più famosi di Giovanna Marini, “I treni per Reggio Calabria”, suo personale racconto della discesa in treno verso Reggio per le manifestazioni contro i neofascisti. È incluso nell’omonimo LP per i Dischi del Sole.
6. Correvano con i carri, 1978
Di poco successiva è un altro dei brani più conosciuti di Giovanna Marini, riproposto negli anni in innumerevoli versioni – da solista e con il quartetto vocale – e in origine incluso nello spettacolo e nel disco Correvano con i carri. “Lamento per la morte di Pasolini” è scritta di getto come reazione all’omicidio dell’intellettuale, al quale Marini era legata da un rapporto di stima e affetto.
7. La grande madre impazzita, 1979
Nel 1975 la carriera di Giovanna Marini arriva a una svolta con la nascita della Scuola di Musica Popolare del Testaccio, dove da subito viene coinvolta per l’insegnamento del canto popolare e con cui collaborerà fino alla fine della sua vita.
«Alla mia prima classe al Testaccio ho avuto una trentina di allievi. Ho cominciato a insegnare qualche canto popolare» ha raccontato Marini a Ignazio Macchiarella (Il canto necessario, Nota 2005). «Ben presto venne fuori da quella prima classe un gruppetto di voci scelte con cui ho pensato di mettere su uno spettacolo. Così, alla fine del primo anno, era la primavera del 76, è nato Correvano con i carri». Poco dopo, la musicista comincia a scrivere delle opere per gli studenti e i musicisti della Scuola del Testaccio, mescolando voci “popolari” e nuova musica.
Ad esempio La grande madre impazzita, opera per quintetto vocale con parti improvvisate per tre jazzisti, il trio Sic, ovvero Giancarlo Schiaffini, Michele Iannaccone ed Eugenio Colombo.
8. Enregistrement public, 1982
Dalle sperimentazioni sui gruppi di voci femminili avviati alla Scuola del Testaccio, con gli anni ottanta arriva una delle stagioni creative più vivaci per Giovanna Marini, quella del Quartetto vocale – formazione con cui per qualche decennio si esibisce in tutto il mondo, raccogliendo i consensi della critica (per la verità, più di quella straniera che non di quella italiana, che ancora la lega all'immagine della "folksinger").
È soprattutto in Francia che il gruppo – al quale partecipano negli anni diverse musiciste fra cui Clara Murtas, Patrizia Bovi, Francesca Breschi, Patrizia Nasini, Lucilla Galeazzi – ottiene i maggiori successi, ed è in Francia che registra la maggior parte dei suoi dischi, per l’etichetta Chant du Monde.
Del 1980 è il primo volume di Cantate de tous les jours, nel 1982 esce questo Enregistrement public (con Patrizia Nasini, Maria Tommaso e Lucilla Galeazzi).
9. Il fischio del vapore (con Francesco De Gregori), 2002
Nel 2002 il nome di Giovanna Marini arriva a una nuova generazione di italiane e italiane grazie a Francesco De Gregori, che la coinvolge per un disco a quattro mani in cui il cantautore ripropone alcuni dei suoi brani politici e popolari preferiti, in gran parte tratti dal repertorio dei Dischi del Sole e del Nuovo Canzoniere.
Le vendite sono elevate (più di centocinquantamila copie) e il disco rappresenta di fatto il maggior successo di pubblico per Giovanna Marini.
10. Ed un pensiero ribelle in cor ci sta!, 2017
Dovendo selezionare un album fra i molti degli ultimi anni, la scelta cade su questo Ed un pensiero ribelle in cor ci sta!, che racconta e sintetizza molto del lavoro di Marini come (amatissima) didatta presso la Scuola del Testaccio, e la sua capacità di fare da ponte fra repertori popolari e composizioni nuove, fra una visione politica ormai passata, figlia della stagione dei sessanta e dei settanta, e nuove forme di impegno e militanza politica.
È questo, insieme alla musica e forse più della musica stessa, che lascia Giovanna Marini all'Italia degli anni Venti.