Royal Concertgebouw, bella senz’anima
Inaugurazione sottotono al Teatro alla Scala per la seconda edizione di MiTo.
Recensione
classica
Con l’invito della prestigiosa orchestra di Amsterdam, guidata dal 2004 da Mariss Jansons, si è aperta la seconda edizione di MiTo alla Scala. Tanti vip, ma altrettanto pubblico festante per una serata che (come l’anno scorso con Zubin Mehta) ha un po’ deluso rispetto alle aspettative. Il programma spaziava dalla Francia di Messiaen (Hymne au Saint-Sacrement) e Debussy (La mer) al finto-Musorgskij rivisto da Ravel dei Quadri da un’esposizione. Bell’impaginato, senza dubbio: ma proprio sugli autori francesi, dove le abilità del direttore lettone erano meno scontate, la tensione è sembrata mancare: già, perché Jansons sembra essersi un po’ seduto sugli allori negli ultimi anni, e rispetto al favoloso periodo alla guida della Oslo Philharmonic Orchesta la precisione tecnica è rimasta immutata ma la lungimiranza ermeneutica sembra essersi smarrita in una costante ricerca di bel suono. Così Messiaen è scivolato via senza che si riuscisse a cogliere a pieno il senso di una partitura già abbastanza anomala di suo, mentre il suo Debussy è fin troppo serio nell’evidente (e pur ammirevole) tentativo di sfrondare l’autore da ogni sovralettura ‘Art Nouveau’. Alla fine il risultato è che l’orchestra dà sfoggio di una grande perizia tecnica, ma il pubblico non è coinvolto fino in fondo.
All’opposto, i Quadri ci hanno fatto capire cosa significhi veramente ‘interpretare’ un autore. Suoni aspri, a volte forse un po’ gridati, ma sempre giustificati dal voler dare un senso timbrico a suggestioni extra-musicali: così il sax del Vecchio castello, così la tuba di Bydlo o gli ottoni delle Catacombae. È una Russia cruda e drammatica quella che emerge da quest’orchestra, magari meno attenta di prima (qualche sbavatura perdonabile degli ottoni) ma sicuramente più compatta ed energica.
Orchestra: Royal Concertgebouw Orchestra
Direttore: Mariss Jansons
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