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La discesa in campo di Youssou N'Dour. Sarà lui il prossimo presidente del Senegal?

Recensione
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Youssou N'Dour sarà il prossimo presidente del Senegal? È altamente probabile. Non solo per la popolarità del cantante nel suo Paese. Ma anche per la diffusa insofferenza che la maggioranza dei senegalesi ha maturato - e che Youssou N'Dour è in grado di catalizzare - nei confronti di Abdoulaye Wade, presidente uscente dopo il secondo mandato, il quale ha tutta l'intenzione di essere rieletto per la terza volta. Wade è stato nei giorni scorsi ufficialmente ricandidato dal suo partito, e farà campagna prima che alla fine di gennaio, ormai a ridosso della scadenza elettorale (primo turno il 26 febbraio), il Consiglio costituzionale esprima il proprio verdetto sulla legittimità di una sua terza candidatura: il che la dice già lunga su quella degenerazione della democrazia senegalese che rappresenta il quadro all'interno del quale Youssou N'Dour ha deciso di correre per la suprema carica dello stato.

Per gran parte della sua carriera Youssou N'Dour non ha brillato per impegno politico, almeno sul piano della politica interna senegalese. Mentre lustrava la propria immagine prestandosi per le più varie cause umanitarie (Amnesty, ecc.) e faceva canzoni in cui metteva sotto accusa i paesi sviluppati che trasferiscono i loro rifiuti tossici in Africa, si guardava bene nel suo paese dal disturbare il manovratore: in questo poteva sembrare una variante aggiornata e smaliziata della tradizione “griotistica” di deferenza nei confronti del potere. In Africa il “griotismo” è stato un atteggiamento comune non solo ai griot in senso stretto, e ai musicisti e agli artisti, ma più in generale, per esempio, ad intellettuali e giornalisti. Ma le cose un po' per volta sono cambiate. In Senegal il passaggio è stato marcato a partire dagli anni Novanta: con la creazione di un panorama mediatico articolato e con consistenti margini di indipendenza, fatto di quotidiani largamente diffusi nelle città, di radio comunitarie e radio private, di nuove leve di giornalisti spesso (grazie alle opportunità di apprendistato nelle radio “libere”) di estrazione popolare, e con l'affermarsi delle radio indipendenti e dei gruppi hip hop come principali veicoli di espressione di un'opinione pubblica moderna in via di coagulo. Tutto questo si è innestato su un Paese in cui una forte tradizione e sensibilità democratica è stata ampiamente interiorizzata dalla popolazione e sono diffusi un notevole interesse per la politica e il gusto dell'informazione (il taxista medio a Dakar ascolta sistematicamente notiziari radiofonici); e nel quale un Islam aperto ha giovato alla democrazia e ha contribuito alla coesione nazionale e al legame sociale, e allo stesso tempo ha favorito una modernizzazione dei costumi senza eccessivi sconquassi. Questo “habitat” deve avere certo contribuito alla maturazione anche di Youssou N'Dour.
Quando il cantante cominciò ad imbarcarsi in iniziative editoriali e radiofoniche, poteva sembrare che i suoi scopi fossero fondamentalmente di investimento economico e di ritorno di immagine. Con un posto assicurato nella storia della musica africana, alfiere di un genere assai originale, il mbalax, a cui ha dato molto, in realtà Youssou N'Dour si è rivelato un imprenditore abile, e in una dimensione niente affatto meramente commerciale. La sua emittente, RFM, si è affermata come una delle migliori radio senegalesi, con un livello informativo e un taglio critico su politica e governo di tutto rispetto. In pratica Youssou N'Dour era già da tempo entrato in politica: in una situazione come quella senegalese, in fondo Youssou N'Dour avrebbe potuto scegliere un profilo più prudente, e di non complicarsi la vita infastidendo con i suoi mezzi di comunicazione il suscettibile Wade. Youssou N'Dour era poi diventato formalmente un attore della scena politica senegalese con la fondazione nel 2010 di un movimento, destinato a dare protagonismo alla “società civile”: il cantante aveva un contenzioso con il governo sull'autorizzazione ad una televisione, e poteva sembrare semplicemente che volesse così esercitare una pressione. Quando un mese fa ha annunciato che dal 2 gennaio si sarebbe impegnato a tempo pieno in politica, non era chiaro quanto si trattasse di una mossa strumentale a beneficio di propri interessi imprenditoriali, e se volesse proporre o sostenere una candidatura alternativa a quella di Wade o intendesse candidarsi personalmente. Ha poi, puntualmente, rivelato le sue intenzioni. «Non ho fatto studi superiori – ha dichiarato – ma la presidenza è una funzione e non un mestiere. Ho dato prova di competenza, di impegno, di rigore, e di efficienza a diverse riprese. Ho imparato alla scuola del mondo, ho imparato molto». La fa un po' troppo semplice: Haiti ha prioritariamente dei problemi assai più basilari, più elementari da affrontare, e un presidente-cantante come Martelly può fare qualcosa di buono. Il Senegal è un Paese molto più complesso, e all'interno di uno scacchiere in cui si confrontano interessi Usa e francesi (anche ad Haiti, per la verità) e cinesi: un'esperienza politica più specifica non guasterebbe. Ma a giudicare dai primi nomi venuti fuori, Youssou N'Dour, da bandleader consumato, ha l'intelligenza per circondarsi di una buona squadra. Quello che è certo è che è di origini umili, si è fatto da solo, ha avuto successo come musicista e come imprenditore, è diventato famoso in tutto il mondo ma è rimasto a Dakar, e ha investito i suoi soldi nel proprio Paese: ottimi motivi per tanti giovani per identificarsi nel suo modello, e per i senegalesi di ogni età per considerarlo una carta da giocare. Soprattutto di fronte alla confusione dell'opposizione, che nonostante la delicatezza della partita, e gli incoraggianti risultati delle ultime amministrative (da cui Wade è uscito stracciato) non è riuscita a mettersi d'accordo su un candidato comune: il candidato unitario adesso c'è, loro malgrado. Non sarà una passeggiata: Wade è un politico di lunghissimo corso (ottantacinque anni ufficiali, la vox populi dice novanta), è presidente da undici, ed è un uomo spregiudicato e pericoloso. Nel 2007 è stato rieletto in elezioni sulla cui correttezza sono rimasti molti dubbi, e la perversione conosciuta dalla democrazia senegalese sotto la sua presidenza è arrivata a punte di gangsterismo politico: giorni fa a Dakar si è sparato. Ma Youssou N'Dour avrà dalla sua la gente, i senegalesi che nel 2000 votarono in massa Wade per sbarazzarsi del regime ormai sclerotizzato del partito socialista che era stato di Senghor; e che difesero accanitamente il risultato dai tentativi di disconoscerlo e di alterarlo. Questa volta voteranno Youssou N'Dour per sbarazzarsi di Wade. E sono abbastanza maturi da potersi confrontare, poi, con qualche piccolo problema di conflitto di interessi, che bisognerà vedere come il presidente-cantante-imprenditore risolverà (ultimamente sta cercando di ottenere anche una licenza per la telefonia mobile...). Ma intanto la presidenza Wade ha i giorni contati. Anzi i secondi: per l'esattezza "seven seconds".

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