Un polacco per Davis
Tomasz Stanko a Bari in Jazz
Recensione
jazz
Bari in Jazz giunge alla settima edizione ed omaggia Miles Davis a venti anni dalla scomparsa. Un traguardo più che mai sofferto, come sottolinea con decisa amarezza il direttore artistico Roberto Ottaviano, che ha costruito un percorso originale sulla memoria del “Dark Magus”, affidando anche alla voce strumentale di Tomasz Stanko il leitmotiv del festival. Il concerto del musicista polacco è una hapax per il pubblico barese che, però, latita e, così, la platea del Piccinni è poco più che vuota, e gli spazi sono colmati – a macchia di leopardo - dagli operatori del settore, anche stranieri (Bari in Jazz ha ospitato il board dello Europe Jazz Network), pochissimi musicisti e una manciata di “vero” pubblico. Senz’altro un’occasione persa, perché Tomasz Stanko è in gran forma, così come i suoi giovani sodali danesi e finlandesi. Il trombettista di Rzesow si appresta a festeggiare i suoi primi cinquant’anni di attività (ha iniziato nel 1962 con i Jazz Darlings, da lui fondati con Adam Makowicz) ed il suo fraseggio è ancor più brillante: lirico al punto giusto, fatto anche di impasti squillanti che si liberano in rapidi sovracuti sfrangiati, per riacquistare una patina struggente, fatta di sfumature sottili di colore. I tessuti sonori sono imbastiti a meraviglia da Jakob Bro e Anders Chritensen, quest’ultimo apparentato ad una matrice indie-rock, che marca le linee drammatiche della tromba di Stanko, soprattutto nelle esecuzioni tratte da “The Dark Eyes Of Marta Hirsch” (ispirato da una tela di Oskar Kokoschka). Una sonorità densa, a tratti nervosa, ma sempre personale e carica delle esperienze musicali vissute dall’eccellente trombettista polacco, fin troppo misconosciuto.
Interpreti: Tomasz Stanko: tromba; Alexi Tuomarila: pianoforte; Jakob Bro: chitarra; Anders Christensen: basso elettrico; Olavi Louhivuori: batteria.
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