Un labirinto di segni il Parsifal secondo Herheim

Debutta a Bayreuth l’atteso „Parsifal“ nella regia del norvegese Stefan Herheim. Il suo spettacolo complesso ed eccessivo si impone e convince, ma mette un po’ in ombra l’esecuzione musicale raffinata e preziosa di Daniele Gatti. L’ottima compagnia di canto e gli splendidi complessi del Festival contribuiscono in maniera determinante al successo di questa nuova produzione del festival wagneriano.

Recensione
classica
Bayreuth Festspiele Bayreuth
Richard Wagner
03 Agosto 2008
Non si sa da dove cominciare a raccontare il nuovo "Parsifal" che Stefan Herheim ha allestito al Festspielhaus di Bayreuth, tanto lo spettacolo è complesso e denso di contenuti. Agli antipodi rispetto all’ascetica essenzialità di Wieland Wagner, Herheim costruisce uno spettacolo visivamente opulento nel quale racconta tre Parsifal: quello (appena riconoscibile) che si legge nel libretto wagneriano, quello che racconta di un rito di iniziazione alla vita a partire da una morte (della madre, già nel Preludio), ed infine quello che illustra la storia o piuttosto l’esegesi dell’opera più strettamente legata alla tradizione bayreuthiana e più aperta alle ideologizzazioni della storia tedesca. Nello spettacolo questi tre livelli narrativi si intrecciano e danno vita ad una macchina spettacolare complessa con molti momenti di grande fascino e che delude solo nell’enfatico (e un po' ruffiano) finale. Abilissima regia di Herheim a parte, molti dei meriti dello spettacolo vanno senza dubbio ascritti in pari misura alle sorprendenti scene di Heike Scheele – un rutilante universo citazionistico di memorabilia wagneriane dispiegate attorno al letto, perno della narrazione – alle preziose luci di Ulrich Niepel e alla fantasmagoria dei costumi di Gesine Völlm. Sopraffatta da tanta opulenza scenica, la preziosa direzione musicale di Daniele Gatti passa quasi inosservata. Gatti opta per un taglio intensamente lirico, quasi intimistico, in cui l’atmosfera sognante la cura del dettaglio strumentale è esaltata dalla scelta di tempi lentissimi. A questa concezione musicale risponde perfettamente l’impeccabile compagnia di canto, in cui convince pienamente per la vibrante umanità il Gurnemaz del musicalissimo Kwangchul Youn. Splendidi, come da aspettative, l’Orchestra e il Coro del Festival.

Note: Date delle rappresentazioni: 25.07.2008 03.08.2008 06.08.2008 10.08.2008 16.08.2008 28.08.2008

Interpreti: Detlef Roth (Amfortas), Diógenes Randes (Titurel), Kwangchul Youn (Gurnemanz), Christopher Ventris (Parsifal), Thomas Jesatko (Klingsor), Mihoko Fujimura (Kundry), Arnold Bezuyen (Primo cavaliere del Gral), Friedemann Röhlig (Secondo cavaliere del Gral), Julia Borchert (Primo scudiero), Ulrike Helzel (Secondo scudiero), Clemens Bieber (Terzo scudiero), Timothy Oliver (Quarto scudiero), Julia Borchert, Martina Rüping, Carola Guber, Anna Korondi, Jutta Maria Böhnert, Atala Schöck (Fanciulle incantatrici di Klingsor), Simone Schröder (Una voce dall'alto)

Regia: Stefan Herheim

Scene: Heike Scheele

Costumi: Gesine Völlm

Orchestra: Das Festspielorchester

Direttore: Daniele Gatti

Coro: Der Festspielchor

Maestro Coro: Eberhard Friedrich

Luci: Ulrich Niepel (video di Momme Hinrichs e Torge Møller)

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Jonas  di Carissimi e Vanitas  di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento

classica

Napoli: Dvorak apre il San Carlo

classica

Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.