Tutti i giovani di Umbria Jazz
Nel weekend conclusivo della rassegna, lo Young Jazz
Recensione
jazz
Nel weekend conclusivo il festival umbro da un lato ha presentato proposte pop, in grado di attirare tanta folla all’Arena S.Giuliana, con Fiorella Mannoia, Nathalie Cole, Al Jarreau e Mario Biondi. Dall’altro ha lasciato spazio alla seconda edizione di Young Jazz Festival, la rassegna di Foligno in trasferta a Perugia, ospitata presso il Palazzo Penna. Qui Umbria Jazz ha trovato le proposte più stimolanti grazie a una nutrita presenza di validi e giovani musicisti italiani. Ad esempio Alfonso Santimone, che con un bel piano solo ha suonato la mattina di sabato 19, proponendo un percorso in crescendo, da un inizio personale e introspettivo per approdare a una felice rivisitazione di alcuni brani del repertorio di Thelonious Monk, riletti con originalità e fantasia. Un altro pianista, il fiorentino Simone Graziano ha suonato con il suo quintetto Frontal, con i sassofonisti Dave Binney e Dan Kinzelman, Gabriele Evangelista al contrabbasso e Stefano Tamborrino alla batteria. La sua musica è ricca di pathos e di tensione contemporanea, la sua scrittura è brillante e mette i solisti a proprio agio: il risultato è una proposta collettiva di grande effetto, avvincente e consequenziale nel suo divenire.
Il sassofonista Dan Kinzelman si è poi ascoltato nel suo quartetto Ghost, dove quattro solisti di fiati, con lui i sassofonisti Rossano Emili e Manuele Morbidini e Mirco Rubegni alla tromba e al corno, suonano disposti intorno a un tavolo che raccoglie vari altri strumenti, che i quattro utilizzano a turno, per creare una musica dai timbri sorprendenti, che sovrappone ispirazioni varie a favore, anche qui, della dimensione collettiva per creare una sorta di fanfara onirica. Un’altra bella presenza è stata quella del sassofonista Piero Bittolo Bon e i suoi Pigneto Stompers, forti della partecipazione di un fuoriclasse quale Jamaaladeen Tacuma al basso elettrico. Con Bittolo Bon e Tacuma erano il chitarrista Simone Massaron e due batteristi Federico Scettri e Massimiliano Sorrentini. Il free funk di Ornette Coleman di cui Tacuma è un convinto ambasciatore ha trovato nella visione di Bittolo Bon uno sviluppo sorprendente, grazie ad una combinazione di energia e ironia che ha generato un set intrigante e ad alta tensione, vista anche l’intesa perfetta creatasi tra Tacuma e i batteristi.
Fuori dal programma di Palazzo Penna si è ascoltato il trio del pianista Alessandro Lanzoni, con Matteo Bortone al contrabbasso ed Enrico Morello alla batteria e anche qui si è apprezzata l’originalità della formazione nella continua mobilità ritmica, nella ricerca di un equilibrio sempre diverso fra i tre solisti. Tutte queste presenze segnalano una nuova generazione di artisti jazz italiani, o che vivono in Italia come Kinzelman, alfieri di una sensibilità nuova e aperta che lascia sperare in sviluppi significativi.
Era così più che azzeccata un'altra presenza italiana nel fine settimana conclusivo del festival quella di Franco D’Andrea con il suo sestetto, un artista a cui i giovani devono guardare per la straordinaria originalità che lo ha sempre distinto, e come ha dimostrato ancora una volta a Perugia, nella rilettura della musica di Thelonious Monk.
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