Tre fedi, una musica
A Napoli, l'Associazione Scarlatti ha proposto un'esplorazione musicale delle tre maggiori religioni del Mediterraneo
A volte ci si trova a dover uscire dall'equivoco e dall'imbarazzo di raccontare cose che il pubblico e i lettori immaginano di poter trovare in una chiesa, sinagoga o moschea. Per Tre fedi un solo Dio, presentato dall'Associazione Scarlatti al Teatro di Corte del Palazzo Reale di Napoli, la ritualità e il suo spazio assumono forma di concerto, e la nostra attenzione stava immancabilmente concentrata sulla musica. In realtà, la memoria conserva ancora queste pratiche quotidiane, in luoghi domestici, privati e riservati (zawiya), simbolo di un misticismo sviluppatosi in seno alle tre religioni monoteiste ebraica, cristiana, islamica. Se non ci fosse stata la bravura vocale di Patrizia Bovi, dal timbro e accenti curati, insieme a Franҫoise Atlan e Fadia Tomb el-Hage, entrambe di impeccabile virtuosismo, dal timbro scuro e coloratissimo quest'ultima, soave più che mistica la prima – accompagnate da Giuseppe Frana al liuto e oud e Gabriele Miracle alle percussioni – il concerto avrebbe avuto altro senso, in quanto questa musica, estrapolata dal proprio contesto sociale, perde di quel misticismo che almeno qui diviene forma d'arte. Di fronte una sala emozionata, prima concentrata, poi in tripudio.
Le tre cantanti hanno sfoderato un vasto repertorio dal Cantico dei Cantici al Codice Las Huelgas, alle Laude del XV secolo, ai canti maroniti in lingua araba e ad alcuni canti Sufi. La forma è reinventata, però, attraverso una pasta di cangiante colore. Il risultato forse anche un po' generico, senza specifiche direzioni in merito, ad esempio, alla confraternita (tariqa) dalla quale le pratiche siano tratte nel caso dei Sufi, o in quale delle lingue come Ladino, Haketia siano i brani Sefarditi – in rapporto al corrispettivo cristiano meglio documentato. La struttura del concerto si fa non solo contenitore, cominciando dall'ultima rivelata delle tre fedi, con il brano "Ayyuhal Nas" a metà tra lettura poetica e canto – anche se lontana dallo stile della cantillazione coranica – nonché argine dalle robuste sponde, chiudendo ciascuna sezione con i brani cantati a tre voci, ad esempio il coinvolgente "Kyrie Eleyson". Infine diviene anche contenuto in sé, dalla bellezza affascinante, con lo "Stabat Mater" eseguito con l'arpa medievale da Bovi.
L'esecuzione, cavalcata in un unico straordinario respiro, come in un pedale costante di comunione con Dio senza soluzione, ha suonato però più profana che mistico-religiosa, nel caso ebraico-musulmano. Il tutto era sobrio, rigoroso, a volte schivo, forse più consono a una pratica cristiana. Al contrario, i codici espressivi per la tradizione mistica orientale, incentrati sulla ripetizione di formule sacre, la manipolazione del fiato e del corpo, movimenti, trance in una ritmica incessante, sono solo vagamente accennati – anzi, azzerati. Più convincente, per spirito e volume, invece il canto di nozze giudaico "Ay Madre". Che sorpresa l'antica melodia di Ṭalaʻa al-Badru ʻalaīna interpretata con suono tondo, pastoso, morbido. Il tutto risulta in una ricerca, decostruzione ed invenzione così come per le sezioni strumentali ben eseguite da Frana al liuto, meno voluminoso e molto rigido Miracle alle percussioni.
Il progetto è decisamente interessante, anche se andrebbe rivisto, in quanto altro tentativo di cercare connessioni culturali nel Mediterraneo, questa volta con il pretesto delle tre religioni. Seppur totalmente separate nella pratica del culto, le tre fedi hanno comunque applicato le stesse interconnessioni e interpolazioni tra musica sacra e profana nelle rispettive culture. Restava solo una domanda: privo di quelle semplificazioni idiomatiche nei tre culti (e con un interprete musulmana tra le voci femminili), il concerto avrebbe ottenuto lo stesso entusiastico successo? Di certo le differenze fra i tre culti non sarebbero sparite nel fondale.
Interpreti: Francoise Atlan soprano, Patrizia Bovi soprano - arpa e direzione, fadia Tomb el-Hage contralto, Giuseppe Frana oud e Liuto, Gabriele Miracle percussioni e dulcimer
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