Tracce di punk
Greil Marcus al Festivaletteratura
Recensione
pop
Festivaletteratura, a Mantova, dal 7 all’11 settembre era di nuovo affollato. Affollato di gente, ma affollato, anche troppo, di “eventi”: 295 in cinque giorni; dormendo qualche ora, circa 3 eventi e mezzo all’ora senza mangiare. C’era anche un po’ di musica, a Mantova, come è tradizione, e anche un po’ più del solito. C’erano i progetti di Carlo Boccadoro con Stefano Bartezzaghi, di Mario Brunello con Davide Longo, le conferenze di Giovanni Bietti, le lezioni jazz in piazza di Stefano Zenni.
Ma il più letterario dei musicali era uno scrittore americano che da giovanotto cominciò a scrivere cronache e recensioni rock su un neonato mensile, “Rolling Stone” (pezzi di 10 cartelle! rimpiange l’arguto Riccardo Bertoncelli dall’era cartacea attuale delle “1200 battute titolo incluso”): Greil Marcus è uno dei pochi critici musicali i cui articoli possono diventare un libro; oggi ci sono anche Alex Ross e Simon Reynolds, ma ha cominciato lui. Sulla sponda del lago di Mantova, sotto la luna, ce l’hanno portato i giovani editori bolognesi di Odoya, che, pronti a balzare sullo scadere dei diritti della defunta editrice Leonardo (Mondadori), hanno ricomprato il mitico “Lipstick traces”, libro che 20 anni fa tracciava la storia del punk come parabola situazionista che aveva le sue indubbie radici nel dada di Tristan Tsara. Marcus ormai è un pacato signore canuto con la pipa, in maglietta nera da guardiano del faro: parla con splendida voce, lentamente, come un guru in una camera piena di analfabeti devoti, e ci ricorda quella sconvolgente notte in cui Rotten cominciò a urlare “io sono l’Anticristooo!” intonando “Anarchy in UK”.
Odoya pubblica ora anche gli scritti che Marcus ha dedicato a Bob Dylan dal 1968 al 2010, ovvero ieri: Greil Marcus, il cool di San Francisco che tiene corsi a Berkeley e a Princeton, ormai riempie uno scaffale, con la sua letteratura.
Ma il più letterario dei musicali era uno scrittore americano che da giovanotto cominciò a scrivere cronache e recensioni rock su un neonato mensile, “Rolling Stone” (pezzi di 10 cartelle! rimpiange l’arguto Riccardo Bertoncelli dall’era cartacea attuale delle “1200 battute titolo incluso”): Greil Marcus è uno dei pochi critici musicali i cui articoli possono diventare un libro; oggi ci sono anche Alex Ross e Simon Reynolds, ma ha cominciato lui. Sulla sponda del lago di Mantova, sotto la luna, ce l’hanno portato i giovani editori bolognesi di Odoya, che, pronti a balzare sullo scadere dei diritti della defunta editrice Leonardo (Mondadori), hanno ricomprato il mitico “Lipstick traces”, libro che 20 anni fa tracciava la storia del punk come parabola situazionista che aveva le sue indubbie radici nel dada di Tristan Tsara. Marcus ormai è un pacato signore canuto con la pipa, in maglietta nera da guardiano del faro: parla con splendida voce, lentamente, come un guru in una camera piena di analfabeti devoti, e ci ricorda quella sconvolgente notte in cui Rotten cominciò a urlare “io sono l’Anticristooo!” intonando “Anarchy in UK”.
Odoya pubblica ora anche gli scritti che Marcus ha dedicato a Bob Dylan dal 1968 al 2010, ovvero ieri: Greil Marcus, il cool di San Francisco che tiene corsi a Berkeley e a Princeton, ormai riempie uno scaffale, con la sua letteratura.
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