Scusate il disgusto

Nel resto d'Europa la cultura è un valore, in Italia no

Recensione
classica
In una lettera del 1333 al cardinale Giovanni Colonna, Francesco Petrarca scrive: “ Come sai, ho fatto da poco un viaggio in Francia, non per affari ma solo per la voglia di conoscere e per quell'ansia propria della gioventù. Sono arrivato sino in Germania e sulle rive del Reno (…) Ma a dire la verità, anche se dappertutto ho visto cose magnifiche, non mi dispiace affatto d'esser nato italiano; anzi, più viaggio e più cresce l'ammirazione per la mia terra”. Purtroppo chi oggi si accingesse a compiere lo stesso percorso si ritroverebbe a trarre conclusioni diametralmente opposte a quelle del “ romito di Sorga “ di verdiana memoria. Osservando come in Germania, in Francia, in Olanda, nel Regno Unito, in Svezia e Norvegia, la Cultura sia considerata un valore e non un fastidio dalla classe politica, di come importanti avvenimenti artistici siano messi a disposizione anche del grande pubblico attraverso una strategia che contempli prezzi per tutte le tasche escludendo qualsiasi elitarismo e discriminazione di carattere economico, del reale interesse per la musica non necessariamente 'di consumo' da parte di una popolazione entusiasta appartenente a ogni ceto sociale (basti vedere le migliaia di persone che affollano ogni centimetro di spazio al Waldbuhne di Berlino per ascoltare concerti di musica classica) si riesce a comprendere come mai l'Italia sia considerata fuori dai patrii confini come un'autentica Repubblica delle Banane. Molte di queste nazioni europee (e non) sono strette nel morso di crisi economiche non meno rilevanti della nostra, eppure a nessuno verrebbe in mente di proporre come soluzione del problema la devastazione della Cultura (e nemmeno della scuola pubblica, della sanità, ecc., ma questo è un'altro discorso). L'investimento economico nell'Arte è anzi considerato un'ipoteca sul futuro e sulla sopravvivenza stessa del territorio. Inutile snocciolare grigi elenchi statistici che dimostrino lo strapiombo in cui i finanziamenti italiani alla Cultura sono precipitati rispetto ad altri paesi. Le sole cifre non bastano a delineare lo squallore del disinteresse in cui i nostri politicanti di ogni colore (perchè purtroppo la cosa va avanti da parecchie legislature chiunque sia al governo) tengono tutto ciò che non appartenga al putrescente calderone degli eventi massmediatici, spettacolari, dall'immediato riscontro elettorale. Si investe nei “ Concertoni” di rock padano o in bercianti tenori che massacrano il Brindisi della Traviata in Arene spettacolari, e nulla viene destinato a chi si muove su terreni meno intrisi di ovvietà, si finanziano avvenimenti che vengono dimenticati la sera stessa dell'esecuzione e si tagliano gambe , mani e piedi a teatri e società concertistiche capaci di svolgere un'importantissimo lavoro sul territorio. La garrota del Decreto legislativo che sta per essere licenziato anche dal Senato è solo l'ultimo tassello di un puzzle costruito con pazienza attraverso gli anni da chi, immerso fino ai capelli nella propria cloaca di ignoranza e ottusità, ritiene che l'Arte e la Cultura siano inutili e non producano profitto in tempi brevi. Fortunatamente per lui, Petrarca ha smesso da tempo di viaggiare.

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