Premio Parodi 2 | Casa Parodi
Elsa Martin vince la quinta edizione
Recensione
world
Dieci finalisti, un Premio “Andrea Parodi”, un Premio della Critica dato dai giornalisti e una manciata di categorie tecniche. Avevamo lasciato il nostro discorso sulle note di Luigi Lai, a chiederci di cosa parliamo quando parliamo di world music… Le idee non si chiariscono dopo la serata finale. Ma andiamo con ordine.
Selezionati fra i circa cento iscritti alla prima fase, i dieci finalisti – da tutta Italia – cantano in dialetti e lingue da buona parte del mondo, e vantano origini altrettanto variegate. In ordine alfabetico, Bembekiri (Camerun/Italia), Erica Boschiero (Veneto), Simona Colonna (Piemonte), Perry Frank (Sardegna) Shinobu Kikuchi (Giapponese), Lame a foglia d’oltremare (Sardegna), Elsa Martin (Friuli), Simone Presciutti (Roma), Terre Miste (Bergamo), Wafekome (Italia/Inghilterra, Ghana…). Tutti si esibiscono con un brano in gara (ripetuto nelle tre sere), con un secondo brano dal proprio repertorio (solo la prima sera) e con una cover di Andrea Parodi (la seconda sera). I giurati – ovviamente – tengono conto non solo del brano in gara, ma di quanto si può intuire dell’intero progetto musicale… I brani di Parodi, in particolare, si rivelano decisivi per valutare il "peso specifico" di molti progetti in gara.
Alla fine ha vinto il Premio (e pure il Premio della Critica) Elsa Martin con “Dentrifur”, in friulano, una canzone bella e “furbetta” - sia inteso in senso buono, naturalmente: orecchiabile e gradevole, facile da memorizzare, evocante sontuose orchestrazioni pop pur nella versione per chitarra e voce (con il co-autore e arrangiatore Marco Bianchi).
Avrebbero potuto vincere, e hanno raccolto premi minori, la piemontese Simona Colonna (con “Brigante Stella”: premio "arrangiamento" – per solo violoncello, con lo strumento spinto verso il limite delle possibilità timbriche e ritmiche - "interpretazione" e premio scelto dagli altri concorrenti) e la veneta Erica Boschiero (con la intimista ed emozionante “Fada”, premio per il miglior testo, del poeta Gianni Secco). Elsa Martin ha raccolto anche il premio per la musica e il premio della giuria dei bambini.
Elsa Martin
Più distanti gli altri, ma alcune cose di buon livello si sono comunque ascoltate: l’intrigante canto giapponese – forse troppo “esotizzato” dall’arrangiamento di pianoforte - di Shinobu Kikuchi; il folk-rock un po’ “matematico” dei sardi Lame a foglia d’oltremare; il groove africano dei Bembekiri… Da subito, tuttavia, c’è stata un’ampia convergenza verso queste tre concorrenti, tutte donne, tutte cantautrici, tutte con testi in dialetto. Tutte – se ne è molto parlato in giuria – molto poco “world music”: le tre proposte del podio “virtuale”, non avrebbero sicuramente sfigurato alla sezione per la canzone d’autore in dialetto del Premio Tenco (e la Martin, infatti, era fra le selezionate nel 2012).
Elena Boschiero
Per quanti si angustiano, e si chiedono se abbia senso dare un Premio che ha nell’intestazione “world music” a una cantautrice, per una canzone formalmente pop, seppur in dialetto: non credo ci sia soluzione. Dare un significato chiaro e univoco a una definizione come “world music”, vaga per costituzione, non avrebbe molto senso. Se si usa e si accetta la categoria, si deve accettare la sua fisiologica incompiutezza e vastità di significato, spesso anche contraddittoria. Sulla scena italiana, "world music" è stata anche la canzone d'autore e il pop "etnico", e l’esempio dei Tazenda dovrebbe insegnare (visto che siamo in casa Parodi…)
Simona Colonna
Già, “Casa Parodi”; è probabilmente un buon titolo per un festival che – si diceva – pur a conduzione familiare, mira a non essere né privato né localistico. Il che, naturalmente, non significa negarsi la dimensione della festa: la serata finale, in particolare, ha proposto una serie di ospiti visibilmente felici di esserci, con inevitabili ricadute positive sulla qualità della musica. A partire da Lino Cannavacciuolo, passando per il duo Boi Akih (un jazz-world da Olanda e Isole Molucche) fino a Enzo Avitabile, con le improvvisate perfettamente a tema – eppure quasi discrete nel modo- del direttore artistico Elena Ledda. Gran finale con gli ospiti tutti sul palco per una memorabile session improvvisata (si aggiungono anche la brava vocalist Francesca Corrias, fresca di disco per S’Ard, e Pippo Kaballà): non tutti i Premi lo fanno, molto pochi possono permetterselo.
Selezionati fra i circa cento iscritti alla prima fase, i dieci finalisti – da tutta Italia – cantano in dialetti e lingue da buona parte del mondo, e vantano origini altrettanto variegate. In ordine alfabetico, Bembekiri (Camerun/Italia), Erica Boschiero (Veneto), Simona Colonna (Piemonte), Perry Frank (Sardegna) Shinobu Kikuchi (Giapponese), Lame a foglia d’oltremare (Sardegna), Elsa Martin (Friuli), Simone Presciutti (Roma), Terre Miste (Bergamo), Wafekome (Italia/Inghilterra, Ghana…). Tutti si esibiscono con un brano in gara (ripetuto nelle tre sere), con un secondo brano dal proprio repertorio (solo la prima sera) e con una cover di Andrea Parodi (la seconda sera). I giurati – ovviamente – tengono conto non solo del brano in gara, ma di quanto si può intuire dell’intero progetto musicale… I brani di Parodi, in particolare, si rivelano decisivi per valutare il "peso specifico" di molti progetti in gara.
Alla fine ha vinto il Premio (e pure il Premio della Critica) Elsa Martin con “Dentrifur”, in friulano, una canzone bella e “furbetta” - sia inteso in senso buono, naturalmente: orecchiabile e gradevole, facile da memorizzare, evocante sontuose orchestrazioni pop pur nella versione per chitarra e voce (con il co-autore e arrangiatore Marco Bianchi).
Avrebbero potuto vincere, e hanno raccolto premi minori, la piemontese Simona Colonna (con “Brigante Stella”: premio "arrangiamento" – per solo violoncello, con lo strumento spinto verso il limite delle possibilità timbriche e ritmiche - "interpretazione" e premio scelto dagli altri concorrenti) e la veneta Erica Boschiero (con la intimista ed emozionante “Fada”, premio per il miglior testo, del poeta Gianni Secco). Elsa Martin ha raccolto anche il premio per la musica e il premio della giuria dei bambini.
Elsa Martin
Più distanti gli altri, ma alcune cose di buon livello si sono comunque ascoltate: l’intrigante canto giapponese – forse troppo “esotizzato” dall’arrangiamento di pianoforte - di Shinobu Kikuchi; il folk-rock un po’ “matematico” dei sardi Lame a foglia d’oltremare; il groove africano dei Bembekiri… Da subito, tuttavia, c’è stata un’ampia convergenza verso queste tre concorrenti, tutte donne, tutte cantautrici, tutte con testi in dialetto. Tutte – se ne è molto parlato in giuria – molto poco “world music”: le tre proposte del podio “virtuale”, non avrebbero sicuramente sfigurato alla sezione per la canzone d’autore in dialetto del Premio Tenco (e la Martin, infatti, era fra le selezionate nel 2012).
Elena Boschiero
Per quanti si angustiano, e si chiedono se abbia senso dare un Premio che ha nell’intestazione “world music” a una cantautrice, per una canzone formalmente pop, seppur in dialetto: non credo ci sia soluzione. Dare un significato chiaro e univoco a una definizione come “world music”, vaga per costituzione, non avrebbe molto senso. Se si usa e si accetta la categoria, si deve accettare la sua fisiologica incompiutezza e vastità di significato, spesso anche contraddittoria. Sulla scena italiana, "world music" è stata anche la canzone d'autore e il pop "etnico", e l’esempio dei Tazenda dovrebbe insegnare (visto che siamo in casa Parodi…)
Simona Colonna
Già, “Casa Parodi”; è probabilmente un buon titolo per un festival che – si diceva – pur a conduzione familiare, mira a non essere né privato né localistico. Il che, naturalmente, non significa negarsi la dimensione della festa: la serata finale, in particolare, ha proposto una serie di ospiti visibilmente felici di esserci, con inevitabili ricadute positive sulla qualità della musica. A partire da Lino Cannavacciuolo, passando per il duo Boi Akih (un jazz-world da Olanda e Isole Molucche) fino a Enzo Avitabile, con le improvvisate perfettamente a tema – eppure quasi discrete nel modo- del direttore artistico Elena Ledda. Gran finale con gli ospiti tutti sul palco per una memorabile session improvvisata (si aggiungono anche la brava vocalist Francesca Corrias, fresca di disco per S’Ard, e Pippo Kaballà): non tutti i Premi lo fanno, molto pochi possono permetterselo.
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