Pisa la creativa
La rassegna An Insolent Noise nel segno dell'AACM di Chicago e dell'indie jazz italiano
Recensione
jazz
Quando l’ensemble Orange Room insieme a musicisti del collettivo di Chicago AACM ha intonato "Dogon A.D." di Julius Hemphill, la seconda edizione del festival An Insolent Noise di Pisa ha centrato i suoi obiettivi: la messa a punto di una bella interazione tra musicisti americani e italiani, celebrazione sincera dell’attualità dello spirito del jazz legato alla proposta del movimento di Chicago e degli artisti che dalla seconda metà degli anni Sessanta che hanno continuato nel solco tracciato dai maestri del free jazz. Tra loro si annovera l’ottantenne Fred Anderson, che ha suonato in trio, sfoggiando quel timbro autorevole, distintivo e scuro, ipnotico e bluesy, che discende da Gene Ammons e Johnny Griffin, e che negli anni si è fatto più grave, quasi da trasfigurare il suono del sax tenore in quello del fagotto. I suoi partner erano più giovani: il batterista Avreeayl Ra è di una generazione successiva, il bassista Junius Paul è giovanissimo e nell’intensità del ritmo, sempre sospeso e avvolgente, si ritrova il senso d’identita forte e diffuso che questa esperienza musicale ed umana continua a trasmettere nel tempo. Quattro giorni di concerti hanno documentato vari aspetti dello stato dell’arte del movimento AACM, con varie soluzioni: dai solo di Ernst Dawkins ai sax e Nicole Mitchell ai flauti alla Chiesa della Spina al concerto del Great Music Ensemble di dodici elementi a cui si aggiunto Fred Anderson. Da annotare anche le stimolanti presenze italiane del trio Congregation di Riccardo Pittau, del quartetto Eco D’Alberi di Orange Room di Scardino, questi ultimi due gruppi impegnati anche con i musicisti di Chicago. Oltre ai concerti, proiezioni di film rari ed importanti, incontri con i musicisti per un’esperienza articolata e collettiva in cui ha riverberato il modus operandi AACM.
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