Piove su Hermeto
Dopo il deludente duo del brasiliano, a Verona Jazz rassicura il lirismo di tromba e pianoforte del duo Fresu/Caine
Recensione
jazz
Giusto il tempo di asciugare le sedie del Teatro Romano dal terribile acquazzone che si è abbattuto su Verona nel tardo pomeriggio e sul palcoscenico più suggestivo di Verona Jazz sale uno degli artisti più singolari della musica brasiliana, il polistrumentista Hermeto Pascoal. In duo con la giovane Aline Morena, Hermeto offre al divertito pubblico un campionario di brani suonati soffiando in bottiglietti di birra, accompagnati dal rumore dell'acqua in una piscina gonfiabile, da cavaquinho e improbabili oggetti, piccole fisarmoniche e chitarra, pianoforte e danza. Superato il piacere della sorpresa, il tutto sembra più consono a una festa paesana che non a un festival, anche perchè Aline Morena ha mezzi vocali piuttosto limitati e l'energia del quasi ottantenne Pascoal non è più quella di una volta.
Partono invece alla grande Uri Caine e Paolo Fresu, con una splendida "Dear Old Stockholm" cui segue, dolcissima, "I Loves You Porgy" e, scoppiettante, "Cheek To Cheek". Si fidano l'uno dell'altro i due musicisti, si divertono, lontani da ogni intento progettuale - tanto che alla fine della serata le composizioni originali saranno solo un paio - ma concentrati a condividere spunti melodici e fraseggi ariosi. C'è spazio per Monteverdi e per il Sonny Rollins di "Doxy" ([il repertorio di Fresu passa sempre, in un modo o nell'altro da Davis), per uno scintillante disegno del flicorno fuori microfono e l'immancabile elettronica che dilata in modo ormai prevedibile gli accenti più lirici. Un paio di bis e il tema di "E se domani" chiudono una serata di buon livello, tra le nubi grigie della notte veronese si intravvede qualche stella, rassicurante come uno "standard".
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