Pianeta Caine
Uri Caine "Solitaire" al Teatro Goldoni di Firenze
Recensione
jazz
Adattamenti, mimetismi, mutazioni, citazioni. Un concerto di Uri Caine è sempre un ribollire di tentazioni enciclopediche - mai sparpagliate a caso però, vissute sempre dentro una logica creativa profonda, in un severo processo di autoanalisi. Al piano solo poi, come al Teatro Goldoni di Firenze, tutti questi stimoli risultano più evidenti, in rilievo. Potrà piacere o meno, ma il pianista di Philadelphia è uno dei pochi musicisti contemporanei che si mette in gioco in modo totale, assume rischi che molti suoi colleghi declinano. Classificarlo? Etichettarlo? Inutile. Le avventurose scorribande dell’ultimo decennio tra Berio, Mahler, Mozart, Verdi, jazz, R&B, elettronica ed echi folk ci dicono che Caine agisce nella convinzione che con la pratica della molteplicità ci si può muovere dentro la musica in ogni direzione senza perdere l’obiettivo del suo progresso. Sui risultati si può discutere, ma questo è il nucleo. Allora il concerto in piano solo di Firenze può rappresentare emblematicamente la sintesi, il manifesto della sua storia. Un approccio free, percussivo, che poi si scioglie in uno stride quasi didattico è il biglietto da visita. Nelle tracce originali più leggibili, con esili segni melodici, il tocco di Caine è sempre deciso, il controllo dei volumi straordinario. La velocità esecutiva ricorda fumose ambientazioni bop, le allucinazioni di Bud Powell. Poi appare un Mozart rischiosamente diluito in un tempo sincopato da honky tonks. La mano sinistra è jazz, la destra classica. Non mancano approcci alla canzone popolare americana: un “Bewitched” sviluppato come un elegante, classico standard. Reminiscenze emozionali ebraiche come retroterra ma anche sanguigne ambientazioni blues. Insomma, si esce dal concerto di Caine "solitaire" piacevolmente confusi. Mica poco.
Note: Serie "Crescendo" Musicus Concentus - Osservatorio per le Arti Contemporanee Ente CRF - Fondazione Teatro della Pergola
Interpreti: Uri Caine - pianoforte
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