Pastiche animale

A Milano per Club to Club l'unica data italiana degli Animal Collective

Recensione
pop
Club To Club Milano
14 Aprile 2016
Fedele alla sua vocazione “oltre” l’elettronica in direzione del migliore “avant-pop”, lo spin-off milanese di Club to Club dello scorso weekend ha aperto le danze con l’unica data italiana degli Animal Collective. Cosa c’è di più di avant-pop del gruppo originario di Baltimora? Dovendo mappare le coordinate più innovative della musica internazionale dell’ultimo decennio, in effetti, sarebbe difficile lasciare fuori dalla lista gli Animal Collective, almeno a partire dalla pietra miliare [i]Merriweather Post Pavillion[/i], del 2009. Il concerto milanese ha confermato quanto si sapeva sul gruppo, nel bene e nel male: che le parole di elogio sono ben spese, sempre. Che la loro musica ha tutto per piacere al pubblico esigente e “colto” tanto dell’indie rock quanto dell’elettronica, per l’attitudine al pastiche di suoni e stili che la caratterizza. Anche che, però, senza voler sposare i cliché più scontati sul ciclo vitale dei gruppi, “le ultime cose sono meno belle delle prime”. Il recente [i]Painting With[/i] (che Alberto Campo ha recensito [a href="http://www.giornaledellamusica.it/approfondimenti/?id=118049"]qui[/a>) ha lasciato qualche perplessità a molti, nonostante alcuni brani particolarmente riusciti (come la opening track “FloriDada”, che ha esaltato il pubblico dei Magazzini Generali). Su disco l’impressione che il Collettivo dà spesso di sé (almeno a chi scrive) è quella di un eccesso di trovate, di un certo massimalismo creativo e di produzione che finisce, talvolta, per annacquare le canzoni e mettere a nudo più confusione che genio. È davvero difficile, a volte, mettere a fuoco quello che sta succedendo: dal vivo, paradossalmente, le cose filano più lisce e alcuni elementi (per esempio, l’incastro delle parti vocali, una sorta di hoquetus psichedelico) emergono meglio, anche nel loro aspetto di puro virtuosismo. Avey Tare, Panda Bear e Geologist danno il meglio di loro, comunque, sui brani più ritmati, e confezionano uno show di qualità, grazie anche alla scenografia (davvero psichedelica), che li cala in una sorta di dipinto materico in continuo movimento… L’impressione che il loro pastiche sia ormai diventato troppo di maniera riaffiora qui e là nel corso della serata, ma – in fondo – ci si diverte, e va bene così.

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