Nella notte con Sclavis
Le musiche composte da Sclavis per "Dans la nuit" uniscono il suono "tradizionale" a quello colto
Recensione
jazz
“ …e la vita continua”: queste parole riecheggiano su un valzer innocente e cantabile, come se fosse stato scritto affinchè tutti poi possano fischiettarlo, magari all’uscita di un cinematografo, dopo aver visto ‘Dans la nuit’ di Charles Vanel. Certo non deve esser stata molto diversa la musica che nel 1929, quando questo film uscì, accompagnò gli spettatori fuori dalla sala. Louis Sclavis ha riproposto all'Auditorium di Roma le musiche appositamente composte da lui per la versione restaurata di questo capolavoro del cinema francese, riscoperto e restaurato dal canale televisivo franco-tedesco Arte sette anni fa, sotto l’egida di Bertrand Tavernier, per una serie dedicata all’epoca del muto. Un finale certo non felice, nonostante la danza, il fischiettare del pubblico e la coltre dell’incubo che si dissipa nell’abbraccio di due novelli sposi. Scopriamo di aver assistito finora soltanto ad un sogno? Se di sogno si trattava, era quello di un minatore che per un incidente si trova sfigurato nel volto proprio poco tempo dopo essersi sposato. Per questo è costretto ad indossare una maschera che però non può evitare la progressiva regressione nella disperazione della coppia di sposi, attraverso un crescendo di tensione che culminerà nel tentativo di fuggire dalla donna grazie ad un estraneo, troppo estraneo per essere un altro rispetto al suo sposo… Così come il film è asciutto e persino spietato nel dissimulare, allo stesso modo la musica del quintetto di Sclavis raggiunge l’ideale di una completa pregnanza con le immagini alternando due registri stilistici: da un lato quello della musica popolare, come poteva essere quella di un villaggio ai confini della Savoia negli anni ’20, tutta danze e suoni di organetto, dall’altro il mondo pieno di lacerazioni e oscurità dell’espressionismo viennese e di Alban Berg in particolare. Queste due anime trovano il loro equivalente timbrico l'una nell'accordeon, l'altra nel violino (o violoncello). Nei momenti più espressionisti del film, la musica sa assorbire lo smarrimento dei personaggi anche attraverso un assai misurato - ma efficace - ricorso all’improvvisazione, accendendosi di orrore o di commozione partecipe.
Note: Ottima l'acustica ed il clima raccolto della Sala Petrassi dell'Auditorium Parco della Musica. Si trattava del secondo appuntamento della rassegna "Suona francese". Scarsa l'affluenza di pubblico.
Interpreti: Louis Sclavis: clarinetti Francois Merville: percussioni e marimba Vincent Courtois: violoncello Vincent Peirani: accordeon Dominique Pifarely: violino
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