Mehldau unico a Napoli
Il pianista in solo al Teatro Bellini per Music Hall
Recensione
jazz
Music Hall è la rassegna del Teatro Bellini di Napoli che ieri sera ha ospitato Brad Mehldau in un “solo concert”, unica data italiana. Mehldau arriva a passo svelto, è infastidito dai flash e fissa un po’ contrariato il buco nero che gli nasconde la platea. Si avvia. Il suo filo di perle si scioglie, e loro rimbalzano fitte, in un microspazio controllato di marmi neri e specchi d’avorio. Un tintinnio regolare imbastito in un ricamo perfetto, di grande equilibrio nelle dinamiche e nelle costruzioni. Le sue insistenze, deliziosamente indorate di blue, diventano persistenze che si snodano in limpidi contrappunti. L’articolato polifonico è eccezionale per definizione ed eguaglianza. Splendidi i fugati, che arricchiscono e dinamizzano l’universo chiuso di una sospetta immobilità tonale. Quasi settato nelle armonie, Mehldau trova la sua materia plastica nella melodia, che lavora con cura e dedizione. La mollezza del suo attacco al tasto, quasi indifferente al peso, e la fisicità composta del suo suono esclusivo penetrano. Stratifica e infittisce, sempre ricco, sempre composto. Un moto perpetuo controllato e pressurizzato in un quadro che ne esalta le tensioni e ne organizza le nevrosi, fino alla quiete più dolce. Predilige il registro medio, con pennellate di colore al grave e punti-luce all’acuto. Ogni nota ha un suo posto e brulica lo spazio, in una dispersione generosa di preziosità minute. Dilatati i fraseggi, spinti dalle figurazioni irregolari e montati da arpeggi asfissianti che gemmano a sorpresa. Le sue "Favorite Things", gli echi di Rachmaninov e Debussy. La sua "Bittersweet Symphony", le allusioni al pop. Chiude in quarta, raccoglie una pagina di appunti di note, e con la sinistra in tasca si allontana, lasciandoti un’emozione che ti precipita dentro.
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