Le pennellate liriche di Ornette
Coleman a Udine, a settantanove anni, dimostra come la sua musica sia ancora in perenne movimento
Recensione
jazz
Un formato - quartetto con due bassi e batteria - che Ornette utilizzò solo fuggevolmente nella seconda metà dei Sessanta, nell'interstizio tra i quartetti con Don Cherry e quello con Dewey Redman come secondo sax: ma che evidentemente lo stimola molto, se ha pensato di riesumarlo più di trent'anni dopo, ormai nel nuovo millennio, e se da allora su questa formula insiste e ricama. Perchè dentro questo assetto, come si è visto una volta di più col ritorno in Italia per due date, Roma e Udine, di uno dei musicisti cruciali della contemporaneità, la musica di Ornette, settantanove anni, non è affatto ferma. Inizialmente la divisione dei compiti ricalcava quella di oltre tre decenni prima: Greg Cohen, come Charlie Haden, nel pizzicato jazzistico, e Anthony Falanga, di estrazione classica, come David Izenzon, prevalentemente con l'archetto. Ma adesso Falanga è passato a privilegiare il pizzicato, però in una chiave non canonicamente jazzistica: riff, reiterazioni di spunti melodici, creazione di sfondi concitati. E uno dei due bassi è ora il basso elettrico di Albert McDowell, ma con una funzione che spesso è affine a quella di una chitarra. Così la musica di Ornette continua a tornare in una luce sempre diversa, e sempre fresca. Punto fermo il drumming del figlio Denardo, che, proverbialmente dotato della più totale mancanza di senso dello swing, è paradossalmente funzionale nel produrre una base ritmica “indifferente”, su cui il solismo del padre si staglia ancora più fulgidamente. Complici gli anni, le capacità improvvisative di Coleman sono attenuate, ma Ornette fa di necessità virtù, con un’espressione sempre più distillata, a pennellate. Strappato a furor di applausi, magistrale il terzo e conclusivo bis, melodico, delicato, astratto: lirismo allo stato puro.
Interpreti: Ornette Coleman, sax alto, tromba; Albert McDowell, basso elettrico; Anthony Falanga, contrabbasso; Denardo Coleman, batteria.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
jazz
Stefano Battaglia e Mirco Mariottini chiudono ParmaJazz Frontiere
jazz
Pat Metheny è sempre lui: lo abbiamo ascoltato dal vivo a Madrid
jazz
La sessantunesima edizione della rassegna berlinese tra “passato, presente, futuro”