Kounellis contro Gozzano
I paesaggi dell’Alaska irrompono con grande emotività dai suoni/numeri di Luther Adams.
Recensione
classica
Un pubblico decisamente attento e curioso per la prima italiana di questa composizione, eccezion fatta per qualche sporadica risatina e per la smania di applaudire ciascuno degli otto brani anziché aspettare in silenzio il termine dei 69 minuti circa di musica. Cosa che avrebbe giovato alla serata, che necessitava invece di molta concentrazione per essere apprezzata, per una serie di motivi che andiamo a spiegare. Primo motivo. Certo, non molti di noi
possono dire di essere stati in Alaska (anche se il freddo polare che ha avvolto Roma oggi, ha in parte incoraggiato la suggestione). Questa regione estrema è la chiave di volta del linguaggio compositivo di Adams, che da anni ne studia e ascolta le risonanze, trasformandone i suoni in algoritmi e mescolandoli ad altri artificiali in un complesso tessuto di numeri/suoni. Secondo motivo. I brani erano accompagnati da alcuni eccezionali video di
Yosuke Taki; belli e intensi nella loro staticità e raffinatezza tutta orientale, nel loro gusto per i particolari di fiori e foglie. Bellissimi. Troppo belli. Distraevano dalla musica con cui, per altro, non avevano un rapporto descrittivo (e giustamente, non si trattava mica di un documentario sulla natura ma di un racconto per immagini nato dalle suggestioni colte dall’artista e poi sviluppate secondo il proprio linguaggio). Terzo motivo. Un po’ difficile immaginare le vastità ghiacciate e le lunghissime giornate e notti polari, nell’oscurità circoscritta di un europeissimo spazio teatrale. È un po’ come attaccare un’installazione di Kounellis alla parete del salotto buono, quello della signorina Felicita per intenderci. Forse sarebbe ora di inventare anche una dimensione performativa diversa: la musica e l’arte sono andate già oltre.
Interpreti: Flavio Tanzi, percusioni Nicola Buso, regia del suono Yosuke Taki, video
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