João Almeida, nuovi percorsi della tromba
Ad Area Sismica alla scoperta del trombettista portoghese João Almeida
Torniamo ad Area Sismica nelle campagne forlivesi ed è sempre un tornare a casa. Ancora una volta un’esclusiva, di nuovo una prima volta: tocca al classe 1997 João Almeida, trombettista portoghese in rampa di lancio nei circuiti dell’improvvisazione.
Chi scrive è rimasto francamente a bocca aperta all’ascolto di Narrow, un lavoro carbonaro (è uscito solo in digitale e in cassetta in dieci copie) pubblicato a settembre 2022 (lo potete recuperare qui sotto) dove il ragazzo, attraverso il metodo del no-input mixer, esplora l’universo delle frequenze possibili e impossibili prodotte da una tromba trattata.
Dal vivo nel nostro locale del cuore Almeida si presenta in veste totalmente acustica, munito solo di una sordina, usata con parsimonia. Colpisce innanzitutto il fatto che, per un musicista sconosciuto se non ai più maniacalmente iniziati (chi scrive non ha problemi ad ammettere che fino a prima della notizia del concerto non lo aveva nemmeno mai sentito nominare), la sala sia piena e che in platea si intercettino diversi visi giovani. Fantastico, frutto del lavoro di decenni di Area Sismica, a testimonianza che c’è vita anche lontano dalle solite proposte.
Questa è probabilmente la nota migliore in realtà della serata perché il concerto per la verità è interlocutorio. Avvisaglie, movenze circospette, una frase che gira intorno a un'idea e la indaga da ogni angolo, smontando e rimontando gli stessi pochi elementi, guardandoli da spigoli probabili e improbabili, mettendo quel corpo sghembo di melodia a testa in giù, per vedere se dalle tasche uscirà la moneta di una nuova idea. Respiri nella sabbia metaforica, ripetizioni, balbuzie post-bop, passaggi zen, un Peter Evans meno travolgente e posseduto, ritirato in un monastero scintoista.
Primo movimento: camminiamo lungo un greto stretto e sassoso, quasi asciutto, verso una luce che luce che tarda ad arrivare.
Nel secondo suoni che talvolta, pur rimanendo scabri e nudi, assumono una consistenza para-elettronica, continuando a vagare nel buio: a tratti lampeggiano bagliori, ma si resta sospesi. Sorvegliati soliloqui abitati da un’abissale quiete che sembrano non venire da nessuna parte e non andare in nessun posto. In questo carattere parzialmente e anche felicemente ambiguo risiedono sia la forza che la fragilità della performance. Accenni, inizi, lampi, titoli di testa o di coda, sfuggono l’ordito o il disegno, non si avverte sempre la febbre dell’urgenza: una musica distante, umanissima e a suo modo spietata, dove l’improvvisatore pare vagare alla ricerca di una luce che rischiari il viaggio. Se a tratti viene in mente il suono di Wadada Leo Smith e il flusso si anima a tratti senza che le acque però si increspino in onde alte, l’impressione è che non si vada in profondità, né nei frangenti in cui ci si incanta nel mistero di un suono né quando si fraseggia, seppure nel modo storto che potete immaginare.
Il terzo e ultimo movimento si ripete grossomodo simile agli altri, da qualche parte tra swing per un mondo senza gravità e speleologia. Il jazz è solo un’ombra, il groove un’orma: si resta al buio, con il fascino e il pericolo che questo comporta, in un cosmo acustico pulsante luci a intermittenza. Solo in coda, finalmente, si va a caccia di balene: poi un cenno di voce a darci una parvenza di vicinanza, un appiglio per aggrapparci a un mondo che non abbiamo abitato.
Bravissimo e distante, Almeida. Ci aspettavamo di essere scaraventati in altri mondi come quando ascoltammo per la prima volta Peter Evans in solo e non è accaduto. Non escludiamo affatto non possa accadere in futuro, perché i germogli di un talento luminoso li abbiamo intravisti.
La stagione sismica procede domenica 5 marzo con il live di Luís Vicente 4et e si chiude con l’esplosivo duo Dj Balli (giradischi) e Edoardo Marraffa (sax) il 12. La primavera poi riserverà sorprese da leccarsi i baffi. Per restare aggiornati e sentirne come sempre delle belle il sito è www.areasismica.it.
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