Il Risveglio dell’improvvisazione

Rob Mazurek, Fabrizio Puglisi e l'Orchestra Creativa del Conservatorio Frescobaldi di Ferrara in concerto a Bologna

Mazurek Puglisi Bologna
Foto di Massimo Golfieri
Recensione
jazz
Bologna, Centro di Ricerca Musicale
Rob Mazurek & Fabrizio Puglisi Duo / Orchestra Creativa del Conservatorio Frescobaldi di Ferrara
20 Marzo 2024

A conclusione della stagione invernale di Angelica, al Centro di Ricerca Musicale/Teatro San Leonardo di Bologna, si è distinta la rassegna Risveglio: il suono della città, giunta alla terza edizione.

Si è trattato di tre serate di concerti, pensati da una comunità trasversale e intergenerazionale di musicisti attivi a Bologna dagli anni Novanta a oggi. Il primo appuntamento, curato da Fabrizio Puglisi, ha proposto due prime assolute di notevole interesse. La prima parte ha visto l’interazione fra il pianista catanese, bolognese d’adozione, e Rob Mazurek, musicista a tutto tondo che in Italia è di casa, ma anche artista visivo o, come lui ama definirsi, artista multidisciplinare abstractivist.

Da sempre il duo è la formazione ideale per intraprendere un certo tipo di dialogo musicale, che si nutre di un intimo accordo, di una fusione d’intenti senza escludere però la contrapposizione degli interventi dei singoli o la sorpresa d’idee eccentriche. In fondo le dinamiche che caratterizzano l’interplay all’interno del duo sono le medesime da decenni: l’alternanza di vuoti e pieni, di decantazioni o inspessimenti, gli slanci lirici o le astrazioni geometriche, le impennate o i ripensamenti…

Quello che di volta in volta cambia nella magia dell’improvvisazione è la combinazione di questi elementi da parte degli interpreti, è il motivato rapporto fra le intenzioni e i risultati messi in campo dai due comprimari.

La ricerca di sintonia condotta da Fabrizio Puglisi e Rob Mazurek ha prodotto un percorso in cui la qualità del sound è stata esplorata in tutte le sue sfumature. Con affascinante varietà e sensibilità di tocco, il pianista ha agito sulla tastiera o si è inoltrato sulla cordiera, ottenendo ora grappoli di note cristalline, appena accennate, sospese in un soffio, ora fasi percussive di estrema concretezza e plastica sostanza melodica.

La tromba e la pocket trumpet di Mazurek, nella cui pronuncia traspaiono tuttora in controluce le  inflessioni di Bill Dixon e Don Cherry, si sono inerpicate in frasi brevissime e lancinanti o in veloci progressioni dalle note slabbrate evocando mondi lontani. La grande varietà timbrica del duo ha preso corpo anche dalla seduzione ancestrale dei campanacci e dei flautini usati occasionalmente, dagli sporadici colpi netti sul tavolato del palcoscenico, dal vociare ebbro e rituale di Rob, dall’immergersi di quest’ultimo con le braccia e la tromba nella cassa armonica e sulla cordiera del pianoforte. Solo nelle battute finali della performance il trombettista ha fatto ricorso all’elettronica, soffermandosi ossessivamente su tonfi percussivi.

Foto di Massimo Golfieri
Foto di Massimo Golfieri

A fianco della preponderante componente sonora e timbrica, il duo ha affrontato un organico arco dinamico della narrazione con compattezza, sottolineature, idonee deviazioni e poche incertezze. La qualità delle idee melodiche da loro esposte, ora esplicite ora più evanescenti e accennate, ma a volte ricorrenti, è stato attestato anche dal ricorso, da parte di Mazurek, a temi ben noti come "Round Midnight".

L’improvvisazione messa in campo da Puglisi e Mazurek quindi si è qualificata come una delle espressioni tipiche dell’attualità: un procedere empatico, focoso, inventivo, d’indubbia grana “jazzistica”. Una prassi improvvisativa ben lontana da quelle esperienze di “improvvisazione radicale”, introspettive, fragili e reticenti, che hanno visto mille versioni da quando l’invenzione di gruppi anomali, in primis il Gruppo Romano Free Jazz, inaugurò questo metodo estremo di relazioni sonore alla metà degli anni Sessanta. 

Dopo un rapido cambio palco, nella seconda parte della serata si è assistito ai risultati di un workshop di due giorni tenuto da Mazurek con le studentesse e gli studenti del Conservatorio Frescobaldi di Ferrara, dove lo stesso Puglisi insegna, coordinando da anni fra l’altro esperienze laboratoriali di questo tipo.

Per l’occasione l’ampia formazione orchestrale, comprendente oltre venticinque elementi, era irrobustita dalla presenza di Dan Kinzelman, ospite di passaggio. Quella pensata da Rob e impostata con gli allievi era una tipica suite, comprendente i suoi brani "The Longnight Whispering" e "Flow My Tiars", titolo quest’ultimo anche di una composizione di John Dowland rivisitata per l’occasione.

Riff ricorrenti, contrasti dinamici e pieni collettivi, tonici momenti percussivi e brevi unisoni svettanti, spunti melodici, ora reiterati ora sviluppati in modo più disteso, affidati al quintetto vocale femminile, hanno intessuto un andamento ben ordito, sempre in tensione, mai spento o demotivato; fino a raggiungere le distese e serene linee melodiche prolungate nel finale, tratte probabilmente dall’opera di Dowland.

Si è avuta l’impressione che, non avendo a disposizione solisti/improvvisatori di valore a lui noti, il compositore e sobrio ma efficace conductor statunitense abbia irreggimentato il discorso musicale con opportuni passaggi scritti per i collettivi come per le singole sezioni o gli specifici interpreti. Cosa che difficilmente fa alla testa di altre sue larghe formazioni collaudate da tempo, come la Exploding Star Orchestra. 

Foto di Massimo Golfieri
Foto di Massimo Golfieri

Alla direzione dell’orchestra si è poi avvicendato Puglisi, che ha ripreso una sua esercitazione basata sulla compenetrazione degli spunti tematici di X e "Negato", brano quest’ultimo scritto da Vincenzo Vasi.

I testi recitati dal quintetto vocale, e in parte scelti dalle stesse interpreti oltre che dal leader, hanno coniugato un linguaggio ibrido e inedito fatto di interferenze sia linguistiche che comportamental-interpretative. Altri espedienti sonori, per lo più scanditi nitidamente, prevedendo anche anomalie timbriche, oltre a puntillistici incastri, a soste e rincorse, hanno impreziosito una performance per certi versi disarticolata, frammentaria e imprevedibile, ma dall’evidente carattere teatrale e ludico.

Per concludere la serata è tornato sul palco Mazurek per dirigere il suo "Necessary Point of Stillness", brano che ha dato adito a una conduzione dal piglio deciso, più compatta rispetto alla sua precedente, approdando a un’incalzante concitazione, a un crescendo percussivo marcato con forza.   

Va dato atto che in questo repertorio, improntato dai due leader-conductor, la performance di questa giovane formazione sperimentale si è dipanata sempre con concretezza e partecipazione palpabile, con fluido entusiasmo, con robusta energia, dando esiti più che apprezzabili, proprio in considerazione del fatto che esperienze laboratoriali continuative ed efficienti come questa non sono poi così comuni nei conservatori italiani.  

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

jazz

Stefano Battaglia e Mirco Mariottini chiudono ParmaJazz Frontiere

jazz

Pat Metheny è sempre lui: lo abbiamo ascoltato dal vivo a Madrid

jazz

La sessantunesima edizione della rassegna berlinese tra “passato, presente, futuro”