Il ragazzino Metheny

In solo, in trio e con l'orchestrion: il chitarrista al Bologna Jazz Festival

Recensione
jazz
Bologna Jazz Festival Bologna
12 Novembre 2011
Immancabile t-shirt a righe azzurre, capelli vaporosi e sorriso da ragazzino. Così eravamo abituati a ricordarlo, Pat Metheny, durante gli spensierati anni Ottanta e così lo ritroviamo oggi, inossidabile ai tumultuosi cambiamenti di questo tempo e fedele alla propria idea di musica. Il suo percorso trasuda dello spirito più autenticamente americano: senza preoccuparsi di infrangere generi musicali ed etichette culturali, parallelamente alla produzione del Pat Metheny Group, più vicina alle sonorità (e al mercato) della musica pop, Metheny ha accumulato esperienze negli ambiti più diversi, dalle collaborazioni con Steve Reich e a quelle con Ornette Coleman, alle sperimentazioni ipertecnologiche per sola chitarra. Il classico trio con contrabbasso e batteria, tuttavia, è la formazione migliore per ricordarsi che Metheny è, soprattutto, un grande improvvisatore e per assaporare il suo fraseggio, la cantabilità delle sue invenzioni melodiche, il suo delicatissimo modo di pronunciare tempo. Nell’affollato concerto nell’ambito del Festival del Jazz di Bologna, Metheny ha offerto un’ampia dimostrazione della sua versatilità. L’inizio intimistico, in duo con il contrabbasso (un fantastico Larry Grenadier), ha regalato ai fan di vecchia data una delle prime sue composizioni ("Bright Size Life"), seguite da altri classici del repertorio metheniano, come "James". Con l’apporto vigoroso di Bill Stewart, il trio si è quindi inoltrato verso più impervi territori improvvisativi, fino alla lunghissima ed trascinante interpretazione di "Question & Answer", in cui il chitarrista non ha nascosto la propria riconoscenza verso la musica di John Coltrane. Nell’ultima parte del concerto, l’essenzialità del trio ha ceduto il passo alla spettacolarizzazione dei prodigi liuteristici e tecnologici di cui Metheny si è fatto interprete negli ultimi anni. Dopo un brano solitario, eseguito su una chitarra-salterio a 42 corde, è stata la volta dell’orchestrion: un sofisticatissimo apparato elettronico ed elettromeccanico, che gli permette di gestire, attraverso la chitarra, un’orchestra di strumenti azionati meccanicamente: una fisarmonica, uno xilofono, una serie di bottiglie usate come aerofoni in aggiunta a percussioni varie. Nel 2011, Metheny, con lo stesso spirito del ragazzino dei primi anni Ottanta, è ancora alla ricerca di qualcosa che lo meravigli e che stupisca anche il suo pubblico più affezionato.

Interpreti: Pat Metheny: chitarra. Larry Grenadier: contrabbasso. Bill Stewart: batteria.

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