Giovani a Dolomiti Ski Jazz

Il festival trentino Dolomiti Ski Jazz ha permesso di ascoltare tre gruppi emergenti dell’attualità italiana

SOON Trio (foto Nicola Malaguti)
SOON Trio (foto Nicola Malaguti)
Recensione
jazz
Val di Fiemme
Dolomiti Ski Jazz 2019
09 Marzo 2019 - 17 Marzo 2019

Sulle Dolomiti le mutilazioni inferte al paesaggio dalla violenza del vento anomalo della fine di ottobre compaiono inaspettate ovunque e straziano il cuore. A Paneveggio, al Passo di Lavazè, da Ziano a Panchià, da Predazzo a Moena, interi versanti montuosi si presentano ricoperti di tronchi di abeti e larici abbattuti a migliaia come fossero stuzzicadenti. Il ripristino ambientale, dallo smaltimento degli alberi sradicati alla nuova piantumazione, dovrà essere sistematico e durerà decenni. Nonostante ciò la stagione turistica invernale in Val di Fiemme non ha subito flessioni, anzi si è svolta nel migliore dei modi, affiancata da numerose manifestazioni culturali di contorno. 

La ventiduesima edizione del Dolomiti Ski Jazz ha confermato la peculiare identità del festival: presentare il jazz sulla neve nei rifugi d’alta quota. Fra le varie proposte ha spiccato, nei primi due giorni, il mainstream solidissimo, rinfrancante e tonico del quartetto del trombettista russo, newyorchese d’adozione, Alex Sipiagin. Ma merita di puntare l’attenzione soprattutto su alcuni concerti serali nei teatri della vallata, in quanto hanno dato l’opportunità di ascoltare e mettere a confronto tre gruppi emergenti dell’attualità jazzistica italiana, che si sono tutti messi in evidenza negli ultimi mesi a cavallo fra il 2018 e il 2019.

I componenti del paritario SOON Trio appartengono a generazioni diverse: il pianista Roberto Soggetti è nato nel 1957, mentre più giovani sono il contrabbassista Giulio Corini (1979) e il batterista Emanuele Maniscalco (1983). Essi sono accomunati però dal fatto che, essendo tutti bresciani, hanno avuto modo di frequentarsi, trovando naturale aggregarsi in trio. Il loro cd Something Out Of Nothing, inciso per la Caligola nel 2018, non è certo passato inosservato.

I tre si suddividono in parti uguali la paternità delle composizioni, che presentano una varietà di situazioni. A Cavalese, nello storico Palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme, al pianismo asciutto, selettivo, compassato di Soggetti hanno fatto riscontro le dinamiche più movimentate e imprevedibili del bassista e del batterista. Proprio il loro procedere irrequieto, frastagliato, a tratti irruente, ha costituito il sale dell’esibizione. Il trio ha comunque trovato unitarietà e compattezza nel respiro dell’interplay, nelle progressioni dei crescendo e in una classe jazzistica antica e d’impronta prevalentemente europea, che potrebbe richiamare alla memoria lo spirito del Modern Art Trio di Franco D’Andrea di quasi cinquant’anni fa.

Da Roma provengono invece i componenti (la cui età è compresa fra i trenta e i quarant’anni) del quintetto Storytellers, diretto dal contraltista e sopranista Simone Alessandrini. Circa tre anni di rodaggio hanno preceduto l’edizione per l’etichetta Parco della Musica del cd d’esordio Storytellers, che in autunno si è imposto all’attenzione degli addetti ai lavori. Le composizioni di Alessandrini danno forma a una visione jazzistica originale e attuale. Ispirate a personaggi anonimi e “marginali” della seconda guerra mondiale, tratti dai ricordi d’infanzia del leader, esse si concretizzano in temi melodici d’impronta popolaresca. Fra ballad e brani dalla dinamica più spigolosa emergono inoltre riferimenti a Ellington e Ornette. 

Simone Alessandrini
Storytellers (foto di Nicola Malaguti)

Ma l’aspetto più interessante di questa proposta è la capacità di coniugare due atteggiamenti creativi diversi. La strutturazione mirata degli arrangiamenti, articolati in unisoni coesi, in variate aggregazioni strumentali, in cambi di direzione e stop improvvisi, non si arena infatti in sterili geometrie, ma si accompagna all’autenticità del sound, individuale e collettivo, a progressioni e sviluppi improvvisativi di natura lirica e visionaria. La motivazione del mondo espressivo di Alessandrini è stata confermata dal concerto al Teatro di Ziano di Fiemme, in cui è risultato funzionale il contributo dei suoi partner: il tenorista Federico Pascucci, il trombettista Antonello Sorrentino, il bassista elettrico Riccardo Gola e il batterista Riccardo Gambatesa. Tutti encomiabili. 

Il pianista venticinquenne Alessandro Lanzoni è ormai riconosciuto come un talento affermato: fiorentino, ha deciso di trasferirsi a Parigi il prossimo mese. L’obiettivo del suo nuovo trio insieme agli americani Thomas Morgan ed Eric McPherson (contrabbasso e batteria), con i quali ha inciso un cd per la Cam Records di prossima uscita, è quello di affondare le mani nel patrimonio degli standard, pur inserendo anche qualche suo original. Al Cinema Teatro Comunale di Predazzo, nella serata conclusiva del Dolomiti Ski Jazz 2019, il trio, al suo ultimo concerto di un tour che prevedeva una decina di date, è stato affiancato da Pietro Tonolo al tenore e soprano. La pronuncia del sassofonista veneziano, forbita nel sound e insinuante nel fraseggio, si è inserita con autorevolezza e disinvoltura nel contesto tramato dal leader.

Alessandro Lanzoni (foto Nicola Malaguti)
Alessandro Lanzoni (foto di Nicola Malaguti)

Particolarmente interessante è stato il modo di trattare gli standard da parte di Lanzoni, il cui incedere circonvoluto, perifrastico, interiorizzato ha creato una sorta di ipnosi circolare. Il suo pianismo personale, ben articolato nell’uso delle due mani, è parso profondo nei contenuti e raffinato nella forma, mai epidermico ed estroverso. Questa ricerca sperimentale, non nel senso velleitario ed estremo del temine, ha mostrato di possedere un autentico spessore e di essere in  grado di attivare le potenzialità dell’improvvisazione e dell’interplay, esercitandosi su repertori che possono variare di sera in sera. Nel complesso si ha l’impressione che il pianista voglia condurre un ragionamento continuo e audace sulla stessa essenza degli standard. D’altra parte le strutture aperte del suo lavoro possono fare affidamento sull’ancoraggio fermo e sulle preziose rifiniture fornite dalla ritmica di Morgan e McPherson. 

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

jazz

Stefano Battaglia e Mirco Mariottini chiudono ParmaJazz Frontiere

jazz

Pat Metheny è sempre lui: lo abbiamo ascoltato dal vivo a Madrid

jazz

La sessantunesima edizione della rassegna berlinese tra “passato, presente, futuro”