Gilberto Gil, Refavela di famiglia
Al Teatro Goldoni di Venezia il tour per il quarantennale di Refavela, con Gil insieme a Mayra Andrade, Chiara Civello, figli e nipoti assortiti
La prima volta che ho assistito a un concerto di Gilberto Gil era esattamente 25 anni fa e il concerto (un pazzesco duo acustico con Caetano Veloso) celebrava i 25 anni di Tropicalia e l’allora nuovo Tropicalia 2.
Ora mi ritrovo al Teatro Goldoni di Venezia, nell’ambito del Venezia Jazz Festival e non manca anche qui la ricorrenza: per celebrare i 40 anni di uno dei suoi dischi più belli e significativi, Refavela, Gilberto Gil aveva infatti allestito lo scorso anno uno spettacolo di grande impatto, spettacolo che ora arriva in Italia con qualche cambio di organico (la capoverdiana Mayra Andrade e Chiara Civello al posto di Céu e Moreno Veloso), ma con lo stesso impianto di base, pensato dal figlio di Gilberto, Ben.
Disco sull’Africa, ispirato dalla celebre partecipazione al mitico Festac del 1977 in Nigeria (dove Gil incontra Stevie Wonder e Fela Kuti, circostanza che racconta con la proverbiale e ironica nonchalance), Refavela sottolinea ancora una volta sia il profondo legame con l’Africa della musica dell’artista brasiliano, ma anche quella sua capacità di suggerire, tra ritmo e dolcezza, un messaggio di grande umanità.
Disco invecchiato bene, sia per la qualità dei pezzi che per la curiosa visionarietà sonora – qui leggermente e inevitabilmente appiattita da arrangiamenti più fluidi – Refavela offre così un’ottima possibilità di ascoltare ancora una volta Gil senza dover indulgere necessariamente nel greatest hits, ma mantenendo leggibilità e popolarità.
La prima parte del concerto è affidata a un corposo riscaldamento da parte degli “ospiti”, dapprima la Andrade con il fisarmonicista e cantante Mestrinho, poi con la Civello che rilegge la celebre “Samba do Avião” di Jobim, unica cover presente nel disco originale.
La band è affiatata ed è prevalentemente affare di famiglia: oltre a Ben, che suona la chitarra e dirige, ci sono l’altra figlia di Gilberto, la irresistibile Nara, la nuora e una nipotina adorabile ai cori, il “figlio dell’astrologo personale” del cantante alle percussioni e così via.
Gilberto Gil entra su “Patuscada De Gandhi”, in gran forma nonostante gli oltre 75 anni, e da quel momento tutti gli occhi e le orecchie sono per lui: di Refavela scorrono la canzone omonima, la bellissima “Aqui e Agora” con la Civello, “Balafon”, “Era Nova”, “Sandra”, ma si intrufolano anche l’immancabile Bob Marley di “Three Little Birds”, una “Sarara Miolo” che appartiene al disco Realce, un momento capoverdiano per la Andrade, fino al finale con “Babà Alapalà”.
Il pubblico del teatro, caldo e reattivo, specialmente nelle file ad alta densità brasiliana, risponde con energia: il bis si apre con una “Io che non vivo (senza te)” Civello/Gil in omaggio al veneziano Pino Donaggio e si chiude con l’immancabile “Toda Menina Bahiana”, tutti i piedi a ballare – dove si può – o a battere le mani.
Sempre sincero (anche nella rodata consuetudine dello spettacolo), sempre energico e poetico, Gilberto Gil rimane un gigante della musica popolare internazionale. Attraverso le canzoni di Refavela non è difficile capire perché né riappropriarsi di quella gioiosa urgenza.
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