Eddie Gomez nella città della prima alba
Seconda edizione dell'Otranto jazz festival con il contrabbassista jazz americano
Recensione
jazz
Otranto è perfetta per il jazz. Cosmopolita, contaminata, sensibile all'arte.
La città più orientale d'Italia, con il mosaico millenario che dalla Cattedrale parla di dialogo interculturale, è oggi patrimonio culturale mondiale e sito messaggero di pace dell'Unesco. Dal 2009 ha anche un festival jazz, che per la seconda edizione ha voluto artisti di pregio come Tuck & Patti, Gegè Telesforo e soprattutto Eddie Gomez, cardine del jazz moderno per i suoi lavori con Bill Evans, Chick Corea, Michel Petrucciani e Jack De Johnette. Nel fossato del meraviglioso castello aragonese il contrabbassista americano ha guidato il suo quintetto con Teo Ciavarella al piano, Massimo Manzi alla batteria, Marco Pignataro ai sax e Matt Marvuglio al flauto, in un repertorio di composizioni degli stessi musicisti e un paio di standard ("Stella by starlight" e il bis "All blues"). Singolare attenzione hanno suscitato "Grande Theodore", dedicata all'amico e collega Ciavarella, in tempo fast e con un groove bruciante, e il delicato e nostalgico tango jazz "Homesick" (entrambi di Pignataro), "Why cry" (Marvuglio) e "Pops and alma", composizione di Gomez ispirata a Pops Foster, uno dei primi contrabbassisti che la storia del jazz ricordi, in medley con "Ariana" di Ciavarella, in cui Gomez ha impugnato l'archetto. Il leader, in gran forma, ha scherzato in buono italiano con i compagni e il pubblico «colorato» e attento. Ma ha soprattutto realizzato un interplay perfetto tra i musicisti, sfoggiato un suono al contrabbasso virile e caloroso oltre a una tecnica da prima linea. Scegliendo accuratamente gli ospiti, l'Otranto jazz festival ha dunque seminato un importante seme che, se affiancato da una buona organizzazione, potrà elevare la prossima edizione a un livello finalmente internazionale.
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