Dolce e violento country
Micah P Hinson e la sua America tra folk e post rock
Recensione
pop
Micah P Hinson sale sul palco con una formazione estremamente ridotta, che lo vede alla voce e chitarra, accompagnato dalla moglie Ashley alle tastiere e dal batterista Nicholas Phelps. Si inizia con “You're only lonely”, brano tratto dal secondo album “The Opera Circuit”, meno complesso nell'arrangiamento ma eseguito fedelmente rispetto alla versione del disco, seguito da “Beneath the rose”, ballata costruita su un arpeggio quasi ipnotico che si può considerare un suo classico. Il set è interamente caratterizzato dall'uso della chitarra elettrica e da suoni che richiamano alla tradizione country con venature post rock. È il silenzio che stupisce continuamente: mentre lui canta il pubblico lo ascolta partecipe, e se qualcuno accenna le parole della canzone viene zittito, il concerto va seguito con attenzione e rispetto. Dall'ultimo album, “The red empire orchestra”, ci fa sentire una bella “When we embraced”: struttura classica e impeccabile arrangiamento. Passato il momento country con banjo e chitarra, nel quale Hinson dimostra di essere impregnato della musica delle sue origini e di divertirsi molto a suonarla, si cambia registro con “Diggin' a grave”, eseguita in versione elettrica con riverberi quasi noise. Belli e spiazzanti i pezzi con batteria in quattro e ritmi sospesi, quando va oltre la calma urlando qualche parola. Dall'ultimo album suona anche l'intima “Tell me it ain't so”, mentre “Patience”, da “The gospel of progress”, con un crescendo che non lascia scampo e la voce rotta, preannuncia la fine del concerto, data dall'acclamata “The leading guy”: pezzo dalle varie interpretazioni che parla di un musicista, il peggior tizio del rock n'roll... chissà di chi parla.
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