Daniele Sepe fa rivivere Gato Barbieri
Il sassofonista napoletano omaggia il suo maestro al Bologna Jazz Festival
Era da decenni che non sentivo Daniele Sepe dal vivo, da quando era una giovane promessa. Non potevo quindi farmi sfuggire l’occasione di riascoltarlo in questo appuntamento bolognese. Il concerto, nell'ambito del Bologna Jazz Festival 2019, è stato ospitato al Mercato Sonato, un circolo Arci ricavato da un ex mercato rionale, attivo dal 2016, che promuove un cartellone estremamente eterogeneo e stimolante: alla musica classica proposta dall’Orchestra Senzaspine si affiancano il rock, gruppi delle più svariate provenienze e altri generi ancora. A partire dallo scorso ottobre il circolo ha iniziato a proporre anche concerti jazz, esordendo con una memorabile apparizione del duo Pasquale Mirra – Gianluca Petrella.
A Bologna il sassofonista napoletano, ora cinquantanovenne, ha dedicato il concerto a Gato Barbieri, già omaggiato nel recente cd The Cat with the Hat, come punto di riferimento nella ricerca di un proprio linguaggio che fosse in grado di coniugare il jazz e la sua tradizione napoletana d’origine. Tutto il concerto si è svolto nel solco di un’estroversione popular-partenopea, ma anche di un’empatia quasi nostalgica, in quanto tutti i brani in repertorio hanno guardato al di là dell’Atlantico e a un certo periodo storico, quasi stilando un compendio di una limitata e caratterizzata epoca, jazzistica e non solo.
La performance si è snodata partendo da un brano di Frank Zappa, che è approdato a “La partita” di Victor Jara. Si è poi passati all’epico “Nunca Mas” dell’omaggiato sassofonista argentino, in cui si è messa in evidenza anche la tastiera di Tommy De Paola. Ha fatto seguito quindi un altro caposaldo della creatività jazzistica di quel periodo come “Song for Che” di Charlie Haden, che nella sua parte centrale conteneva una citazione tematica del Davis elettrico. Si è continuato con un brano di Hermeto Pascoal, che proprio pochi giorni prima si era esibito in concerto a Bologna Jazz, per finire con “Young and Fine” di Joe Zawinul. Il bis, la “Marcia di Esculapio” di Piero Piccioni, dalla colonna sonora del film Il medico della mutua con l’insuperabile Alberto Sordi, ha inevitabilmente concluso la serata nel segno di una festa collettiva, liberatoria, un po’ facilona.
Alle introduzioni verbali, sempre colloquiali, rigorosamente dialettali, oscillanti fra esplicito impegno politico e scanzonate irriverenze, Sepe ha spesso contrapposto uno scontroso atteggiamento scenico alla Miles Davis, vale a dire volgendo le spalle al pubblico per fronteggiare di volta in volta col suo sassofono i singoli partner. Fra questi hanno primeggiato il già citato pianista De Paola e il batterista Paolo Forlini, dal drumming secco, scandito, propulsivo. Un colore scuro e altrettanto scandito è stato garantito dal basso elettrico di Davide Costagliola, mentre le percussioni di Antonello Iannotta hanno arricchito la vivace trama ritmica. Su tutti ha svettato ovviamente la voce stentorea del tenore del leader, potente e lirica, con un eloquio declamatorio e un sound pieno, dal forte vibrato, acquisiti appunto dal modello di Gato.
Indubbiamente questa apparizione bolognese del sassofonista napoletano ha rappresentato un tuffo nel passato, oltre che il riepilogo di una personale e convinta scelta estetica; il tutto condito da una genuina partecipazione emotiva, che dai musicisti si è trasmessa al pubblico.
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