Cacciatori di suoni
Novissimi rock: ecco i Fox'òund
Recensione
pop
Se fossero inglesi, sarebbero già nel sistema del pop indie. Sarebbero già internazionali. Invece sono italiani. E per di più torinesi. Ma i Fox'òund, come i robusti e resistenti cani da volpe inglesi, hanno un olfatto infallibile per cercare e fare suoni di qualità. Quest’anno fanno la maturità al liceo classico, ma hanno già il loro cursus honorum. Suonano insieme da quando avevano 13 anni. Una teen band che si è nutrita di David Foster Wallace e di punk e postpunk, di Wire e Joy Division più che di videogame e internet. Il loro primo ep è dell’anno scorso, si intitola “ethnic aestethic”. La loro epigrafe: «Attitudine possente e spirito leggero. Metodo scientifico e cieca fede». Modelli fondamentali Pink Floyd e Beatles. Sembrano fisicamente quattro inglesini, sono educati. Non li distingueresti dai Franz Ferdinand, se li sostituissero una volta come controfigure. Hanno già vinto il contest Pagella Rock. Cantano in inglese: «La melodia per noi è la componente fondamentale di un pezzo, il testo è secondario, può anche non avere senso. E l'inglese ci dà una mano!» (che è più o meno quello che mi ha detto Dan Snaith dei Caribou). L’altra sera, al Caffè Basaglia, un circolo Arci messo su da gente che lavora al recupero di persone con disturbi mentali, hanno fatto il loro primo concerto importante. Hanno preso qualche soldo. Hanno fatto divertire ballare e bere birre. “Movin' back” è il loro hit più travolgente. Sarebbe ora di muoversi indietro, in effetti, riandare a generazioni che fanno party e non partiti, che cercano estetiche radicate nelle loro giovinezze. Sarebbe ora di dare spazio, e occasioni, a chi è creativo, innovativo, a chi suona musica e già la insegna diciottenne ai bambini (come fa un Fox'òound), a chi spreme la sua energia sui territori dell’invenzione. Questa torpida nazione voti questi cacciatori di suoni.
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