Biophilia a New York
Björk alla Hall of Science di New York
Recensione
pop
Strumenti visionari suonati dalla forza di gravità, un coro di venti persone che imperversa sul palco, forma e contenuto che danzano insieme. "Biophilia", l’ultimo lavoro di Björk, ha preso vita in questi giorni al New York
Hall of Science.
La cantante islandese ha iniziato una residenza che la impegnerà anche in veste di insegnante in alcuni laboratori con i bambini.
L’edificio del Queens è un luogo forse poco adatto alla musica, ma la sua consacrazione alla scienza e alla conoscenza, e l’intenzione di raccontare la natura attraverso il gioco, lo rendono perfetto per il tema di questo spettacolo. Novanta minuti in cui, come racconta Ben Ratcliff sul "New York Times", la cantante dà vita ai brani. Per riuscire nell’esperimento ci sono imponenti macchinari sonori, compresi «un organo a canne attivato a distanza» e «un pendolo, creato apposta per il progetto, con quattro braccia a cui sono attaccate delle corde, suonate da un plettro immobile. È la gravità a suonare la melodia». La sorpresa sta nel fatto che «tutto funziona, persino il Reactable», uno strumento digitale cilindrico – creato da Max Weisel, programmatore e tastierista – suonato attraverso ceppi di legno che si muovono sopra la macchina. A completare il quadro, i venti coristi del Graduate Nobili, che «si muovevano e danzavano con allegria e naturalezza per tutto il palco, senza schemi rigidi». Un insieme «commovente da vedere», dice Ratcliff, che non comunque esalta il materiale del disco («Se parliamo di Biophilia, inevitabilmente parliamo prima del processo e delle idee, il che oscura il fatto che questa non sia la musica migliore che Björk abbia prodotto»). Eppure «le idee sono belle. Le canzoni su corpi, geologia e spazio si intersecano con quelle su sé stessi, la terra e il cielo, spiegandosi a vicenda».
L’edificio del Queens è un luogo forse poco adatto alla musica, ma la sua consacrazione alla scienza e alla conoscenza, e l’intenzione di raccontare la natura attraverso il gioco, lo rendono perfetto per il tema di questo spettacolo. Novanta minuti in cui, come racconta Ben Ratcliff sul "New York Times", la cantante dà vita ai brani. Per riuscire nell’esperimento ci sono imponenti macchinari sonori, compresi «un organo a canne attivato a distanza» e «un pendolo, creato apposta per il progetto, con quattro braccia a cui sono attaccate delle corde, suonate da un plettro immobile. È la gravità a suonare la melodia». La sorpresa sta nel fatto che «tutto funziona, persino il Reactable», uno strumento digitale cilindrico – creato da Max Weisel, programmatore e tastierista – suonato attraverso ceppi di legno che si muovono sopra la macchina. A completare il quadro, i venti coristi del Graduate Nobili, che «si muovevano e danzavano con allegria e naturalezza per tutto il palco, senza schemi rigidi». Un insieme «commovente da vedere», dice Ratcliff, che non comunque esalta il materiale del disco («Se parliamo di Biophilia, inevitabilmente parliamo prima del processo e delle idee, il che oscura il fatto che questa non sia la musica migliore che Björk abbia prodotto»). Eppure «le idee sono belle. Le canzoni su corpi, geologia e spazio si intersecano con quelle su sé stessi, la terra e il cielo, spiegandosi a vicenda».
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