Battiato maestro degli indignati
Novemila in sintonia con lui in una sera esaltante
Recensione
pop
Novemila persone ascoltano con simpatia la bellissima voce della caruccia Arisa. Lei sì che sa cantare, nel senso dell’andare su e giù per le scale come faceva Mina (si parva licet componere magnis). Quando Franco Battiato appare, una ovazione di novemila in un palazzetto coperto fanno sempre effetto. Sono subito “politiche”, “civili”, emozionanti, visto che non sono sportive. Il gruppo che accompagna questo ultrasessantenne poco intonato è molto buono: il Nuovo Quartetto Italiano fa la stoffa cameristica, Davide Ferrario figo-camicia-sbottonata è alla chitarra e ai backvocals per tenere in riga il Maestro. Nessuno chiede a Battiato un vecchio pezzo, o un nuovo pezzo: la confezione della scaletta è magistrale, arriva prima che tu chieda. Un muro di orchestrazione sinfonico-pop (a volte sembrano i Queen) e la programmazione elettronica di Angelo Privitera non fanno respirare. La paloma e il cinghiale bianco non sembrano tanto diversi dall’invettiva di un anno fa contro il porno-presidente. Il filone sgalambriano sta un po’ in disparte, in questo tour “Up Patriots to Arms!”
Certo, ci sono anche le grandi canzoni meditative, che tutti cantiamo insieme commossi in una cerimonia potentissima, ma il corpo dei novemila, che somiglia molto al popolo italiano, sociologicamente guardandolo prima e dopo il concerto al PalaIsozaki per la sezione torinese di MITO, è qui per un rito di indignazione civile: «Non cambierà, non cambierà…» ci si fa un po’ tutti mogi con Battiato, che poi rialza la testa, e stende il braccio e il pugno chiuso: «Sì, che cambierà!» chiamando l’ovazione liberatoria. Alla fine, coraggiose ragazzine in flash mob corrono via dalle paralizzanti seggioline, e trainano metà pubblico in piedi, sotto il palco. Il Maestro è contento: «Sono distrutto! Ma mi siete piaciuti!» fa un bis dopo l’altro. Gira tutta la stanza in una danza. Una sera straordinaria, per il cavaliere dell’intelletto: la povera patria potrebbe seguirlo in capo al mondo.
Certo, ci sono anche le grandi canzoni meditative, che tutti cantiamo insieme commossi in una cerimonia potentissima, ma il corpo dei novemila, che somiglia molto al popolo italiano, sociologicamente guardandolo prima e dopo il concerto al PalaIsozaki per la sezione torinese di MITO, è qui per un rito di indignazione civile: «Non cambierà, non cambierà…» ci si fa un po’ tutti mogi con Battiato, che poi rialza la testa, e stende il braccio e il pugno chiuso: «Sì, che cambierà!» chiamando l’ovazione liberatoria. Alla fine, coraggiose ragazzine in flash mob corrono via dalle paralizzanti seggioline, e trainano metà pubblico in piedi, sotto il palco. Il Maestro è contento: «Sono distrutto! Ma mi siete piaciuti!» fa un bis dopo l’altro. Gira tutta la stanza in una danza. Una sera straordinaria, per il cavaliere dell’intelletto: la povera patria potrebbe seguirlo in capo al mondo.
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