Avvolti dalle spire del sound
Al suo esordio europeo, il nuovo quintetto di Rob Mazurek convince tutti
Recensione
jazz
Apre con un esaltante tutto esaurito alla rassegna "Ostinati" di Padova il tour europeo del nuovo quintetto del cornettista Rob Mazurek. C'è tutta la "storia" del musicista in questa formazione: dal connubio acustico/elettrico degli organici a nome Chicago Underground agli straniamenti verde/oro dell'avventura Sao Paulo Underground, dai profumi a la Don Cherry alle iterazioni post-rock, il tutto trapuntato dal suono tagliente e lirico del suo strumento.
Originale e efficace l'organico, con il vibrafono di Jason Adasiewicz (segnatevi questo nome!) sul quale i mallets piovono come indomabili mele candite, i due bassi di Josh Abrams e Matt Lux a scambiarsi ruoli e timbri, la batteria del Tortoise John Herndon a macinare ritmi senza respiro.
Si apre con un magma sonoro quasi primordiale la serata padovana, per poi esplorare - a volte senza soluzione di continuità - i temi del disco "Sound Is" (uscito per la Delmark nel 2009): la band è una sorta di organismo a livelli rotanti, con le scansioni ritmiche dei singoli strumenti a incastrarsi in combinazioni sempre differenti per poi sciogliersi attorno a una frase lanciata dalla cornetta. Si alternano collettivi convulsi e atmosfere più dilatate, come nella suggestiva "Cinnamom Tree", e in questa tessitura è bravissimo Adasiewicz ad accendere frammenti armonici sempre cangianti. L'entusiasmo del pubblico è ripagato da un intenso bis e, all'uscita, la sensazione è che questa formazione riesca a gettare un ponte flessuoso tra la sperimentazione dell'AACM e le magmaticità del jazz-rock inglese, tra Bill Dixon e il post-rock. Il "suono" di domani?
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