Austerità e varietà
Si conclude Udin&Jazz, ridimensionato ma attento alla qualità del programma
Recensione
jazz
Il titolo dell’edizione 2013 di Udin&Jazz non ha bisogno di spiegazioni: “Austerity”. Programma e promozione dunque fortemente ridimensionati a causa della scure dei tagli. Ridotti i concerti gratuiti e orientato il cartellone su musicisti nazionali e regionali, il festival non ha rinunciato però alla tradizionale parte itinerante e a quella conclusiva nel capoluogo. Accanto a scelte in cerca di aperture verso il rock d’autore e vintage (tributo a Jeff Buckley e Van Der Graaf Generator) il cartellone ha consentito di gustare jazz vario e di ottimo livello. Il duo del chitarrista Maurizio Brunod e del gigante del contrabbasso Miroslav Vitous ha regalato un set di rara concentrazione e interplay con un jazz asciutto e fantasioso sempre sul filo della sorpresa, su brani di Brunod, Bill Evans (“Interplay”) e Sonny Rollins (“St. Thomas”). A seguire nella stessa serata il pianista Claudio Cojaniz e il contrabbassista Franco Feruglio hanno presentato il loro nuovo disco [i]Blue Africa[/i] (Caligola). Cojaniz ha rielaborato in chiave personale ritmi africani e ne ha tratto una serie di brani che ne mostrano la ricchezza e la fecondità. Tra emozionanti innodie e gioiose danze spuntano blues e jazz che ricordano gli anni venti e scorribande sulla tastiera di luccicante intelligenza. Per il pianista friulano un altro lavoro riuscito che conferma la sua felice stagione. Passando dalle performance solitarie con organo liturgico all’orchestra Red Devils attraverso una miriade di piccole formazioni, l’estetica di Cojaniz è oggi perfettamente a fuoco e in un continuo, vulcanico, prorompere di idee.
Nella piccola e raccolta Corte Morpurgo si è ascoltato, davanti ad un pubblico numeroso e attento, il nuovo trio di Paolino Della Porta, Dario Carnovale e Luca Colussi. Brani originali del bassista milanese e standard eseguiti con energia e passione. In equilibrio tra mainstream e aperture più libere, i tre musicisti hanno dimostrato una ottima intesa che verrà a breve fissata su disco. Una bella dimostrazione di come il jazz italiano sappia rinnovarsi mettendo insieme l’esperienza (Della Porta è uno dei maestri del contrabbasso e meriterebbe maggiore considerazione) con la freschezza e l’esuberanza delle nuove leve.
Riprendendo le strade battute in precedenza dalla canzone jazzata e dal cantautorato innamorato delle note blu, il quintetto Mocambo Swing ha presentato il nuovo disco [i]Quando divento grande[/i] (Nota) con uno spettacolo arricchito dalle incursioni teatrali di Fabio Varnerin e Massimiliano Gosparini (autori rispettivamente di alcuni testi e del fumetto incluso nel booklet del cd). Jazz manouche, umorismo sapido e solida tecnica strumentale.
Il progetto Corleone del trombettista siciliano Roy Paci è un’astronave sonica fragorosa e brulicante di citazioni e riferimenti. Facendo la faccia cattiva e le pose da rockers i sei musicisti (tromba, sax alto e baritono, chitarra, basso e batteria) rovesciano sul pubblico una musica che incrocia hard-core e bande da processione religiosa, exotica e free jazz, potenza chitarristica e lirismo elettroacustico. Concerto gustoso e a pieni polmoni che ha il merito di portare al festival un pubblico mediamente molto più giovane di quello abituale.
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