Italodischi #5 2025 – Nuove proposte

In questa puntata alla scoperta di Neoprimitivi, C+C=Maxigross, 4got10, Melty Groove, Enrico Gabrielli, Achille Succi e Danilo Blaiotta, Putan Club, Pentola

Neoprimitivi
Neoprimitivi
Articolo
pop

Eclettico e interessante assai il panorama primaverile dei nomi meno blasonati (ovvero non troppo famosi, ma non per questo meno validi) della canzone italiana. 

I “Big” li avevo presentati già qui. Questa volta faccio dei raggruppamenti a coppie a seconda dello stile, per movimentare un po’ il tutto.

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–– Sezione 1: Psichedelia e dintorni

 

Neoprimitivi, Orgia mistero

C+C=Maxigross, Nuova era oscura, vol. 1

Il collettivo C+C=Maxigross, che viene dalla provincia di Verona, è nato una dozzina di anni fa facendosi notare per una sorta di psichedelia rurale completamente fuori da qualsiasi trend, e proprio per quello apprezzabile nella sua ingenua sincerità. Il loro nuovo album, il sesto, affianca alle ben note atmosfere bucoliche e sognanti brani più arditi nelle sonorità, che a volte sconfinano nel rumorismo, e una maggiore apertura a contaminazioni stilistiche inedite, con inserti pseudo-jazz e atmosfere di funky tribale. Ascolto inizialmente un po’ ostico, ma il disco si rivela a poco a poco e finisce per convincere.

I Neoprimitivi sono una delle sensazioni dell’anno in corso. Romani, giovanissimi, con una formazione ad assetto variabile, hanno curato per parecchi mesi la residency al Trenta Formiche della capitale, perfezionando il loro stile – o meglio, lasciandolo libero di dispiegarsi in mille direzioni diverse. Basta già il primo titolo col quale si presentano (“Sul Globo d’argento”, già uscito solo su cassetta lo scorso anno, 21 minuti di durata in cinque movimenti) per capire quale fantasia esplosiva animi questo gruppo, che spazia con disinvoltura dalla psichedelia al kraut rock, dal jazz cosmico al prog, dalla ambient al noise. E se deplorate l’assenza di funky e soul, basta aspettare i brani successivi e trovate pure quelli! Insomma, Orgia mistero non è un disco per puristi, ma proprio per il suo estremo livello di eterogeneità (Gong + Can + Julian Cope + Glaxo Babies) ha un’unicità assoluta.

 

–– Sezione 2: Easy listening

4got10, 4got10

Melty Groove, Free Hands

Si fa un gran parlare del ritorno dello yacht rock, quel sottogenere dell’easy listening che nacque negli anni Settanta a forza di produzioni leccatissime, impeccabili per suono ed esecuzione, profondamente ispirate per senso melodico e ricche di contaminazioni con generi distanti dal rock, dal jazz a Tin Pan Alley (nome più rappresentativo nell’ambito: Steely Dan). Un po’ il contrario del “vero” rock’n’roll, insomma, quello grezzo e immediato fatto di energia e sudore – tant’è vero che uno come Steve Albini odiava visceralmente il genere. Esiste però un pubblico anche per queste produzioni, e non è fatto per forza di vecchi sugar daddies che sorseggiano cocktails a bordo delle loro imbarcazioni di lusso. Tant’è vero che anche in Italia, a Torino in particolare, si pubblicano dischi di questo tenore. I 4got10 sono la band parallela di Vicio, il bassista dei Subsonica, e Vacchio, già nei Fratelli di Soledad; questo album d’esordio, che arriva a distanza di decenni dalla fondazione del gruppo nell’89, è una fioritura di chitarrismi delicati, tastiere atmosferiche, melodie (a volte fin troppo) insistite, il tutto in un’eleganza formale impressionante. I riferimenti più marcati sono però negli anni Ottanta, a band come Mr. Mister o Double, la faccia pulita della seconda fase della new wave. Un disco che non piacerà a tutti, ma che nel suo genere è indiscutibile.

Per puro caso sono torinesi anche i Melty Groove, e anche Free Hands è un esordio. Fondamentalmente il disco parte dalle stesse coordinate, easy listening con una matrice ben salda negli anni Ottanta, ma offre in aggiunta sviluppi interessanti sul fronte della black music; ne vengono fuori canzoni intrise di un mood funky/soul che ne aumenta il groove e a tratti perfino la ballabilità; niente male.

 

–– Sezione 3: Neoclassica

Enrico Gabrielli, Der Maurer vol. 2

Achille Succi e Danilo Blaiotta, Fragments de la Cacopédie

Passiamo ora a tutt’altro genere, anche se sempre a debita distanza dal rock: ci avventuriamo nei territori della musica classica – o meglio, della contemporanea. Lo facciamo per cominciare in compagnia di una nostra vecchia conoscenza, Enrico Gabrielli, che noi tutti conosciamo come eclettico musicista nell’ambito del pop più evoluto, ma in realtà ha un background classico da diplomato al Conservatorio. La genesi di questo disco ce la racconta perfettamente lo stesso autore: “Prima ero un musicista integrato nel mondo della musica contemporanea a Milano, e poi sono diventato un rockettaro, attraversando parecchi oceani di ignoto cosmico e incertezze professionali di ogni tipo. Ma ora che sono quasi arrivato ai 49 anni questo disco rappresenta una specie di consuntivo ‘alternativo’ alla mia vita di musicista nell'area della popular music.” Der Maurer vol. 2 è una raccolta di brani neoclassici che spazia dal 1999 al 2025; per chi conosce Gabrielli come membro dei Calibro 35, o per le Canzonine per bambini, questo è un salto quantico, ma basta un po’ di apertura mentale per apprezzare anche queste partiture per orchestra (con rarissimi inserti di campionamenti ed elettronica), che si sviluppano tra dissonanze controllate e sperimentazioni sonore altre, rimanendo comunque del tutto accessibili all’ascolto.

La cacopedia, termine inventato da Umberto Eco per definire una “summa del sapere negativo” (che si tratti di una boutade umoristica non esclude che si tratti di una considerazione serissima), è lo spunto usato da Succi e Blaiotta per incidere un album dal sapore surrealista, guidato dal concetto di ossimoro. Siamo in un ambito tra musica contemporanea (con Erik Satie come punto di riferimento), jazz e avanguardia rock (molte le strizzatine d’occhio agli Henry Cow): non abbiamo altro che dialoghi tra pianoforte e sax, ma sia che si sviluppino in brani morbidi e suadenti, sia che si trasformino in frenesie deliranti, sono invero estremamente riusciti; e il mood paradossale del disco rende l’ascolto particolarmente stimolante.

 

–– Sezione 4: Beats

Putan Club, Filles d’octobre

Pentola, Grey Hoodie

Per i Putan Club non si parla a rigor di logica di una band totalmente italiana, poiché a Gianna Greco (basso, voci ed elettronica) si affianca il francese François R. Cambuzat (chitarre, voci ed elettronica); ma quest’ultimo è da tempo italiano d’adozione (ricordiamo le sua militanza in gruppi come Il Gran Teatro Amaro e L’Enfance Rouge) e sarebbe stato un vero peccato per un cavillo non poter parlare di questo straordinario Filles d’octobre. Registrato dal vivo al festival portoghese Amplifest, l’album è un’esplosione selvaggia di rara potenza, tra riff cattivi di matrice industrial, tribalismi ancestrali e groove torrido, e genera un’eccitazione incontrollata difficile da replicare – lo show dal vivo dev’essere qualcosa di epocale, ma anche su disco non si scherza affatto; impossibile rimanere fermi a fronte di questo attacco sonoro.

Con Pentola, producer pugliese di stanza a Milano, già autore di alcuni EP e mixtape, entriamo invece nella dimensione da clubbing. Ma Grey Hoodie merita la segnalazione perché da un punto di vista qualitativo è eccellente: si tratta fondamentalmente di house, molto soulful, con qualche influenza garage e sprazzi di jazz, che pur essendo ideale per il dancefloor può tranquillamente adattarsi anche all’ascolto domestico. Purché sappiate controllare la tendenza a muovere il culo mentre cucinate l’arrosto…

 

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