Attesa (Erwartung) virtuale

Un progetto "virtuale" dello Staatstheater Augsburg

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 Staatstheater Augsburg (Foto Jan Pieter Fuhr)
 Staatstheater Augsburg (Foto Jan Pieter Fuhr)

Spesso si legge dell’urgenza e delle necessità di salvare e tutelare la musica cosiddetta „classica“. Ma salvare da chi o da che cosa raramente è specificato. Di fronte a contesti sociali e politici fondamentalmente dominati da esigenze e motivi economici, sarebbe forse più opportuno cercare di decifrare quali strategie vengano messe in atto per conquistare nuove fette di mercato e per aprire a nuove fasce di pubblico i mondi della cultura “tradizionale”. Sono strategie le più diverse, che prevedono tra le altre cose tentativi con nuovi formati concertistici (diversi per intenderci dal tipico concerto da seduti) o esperimenti tout court con le possibilità della ricezione e della fruizione. Paradossalmente, le composizioni contemporanee, quelle che risultano generalmente considerate le più ostiche da comunicare, si rivelano le più adatte per questi esperimenti di “divulgazione”: Spazializzazioni varie e percorsi immersivi vengono proposti come formati innovativi, ma spesso questi sono proprio alcuni degli aspetti intrinseci peculiari della musica sperimentale, che ne fanno qualcosa di nuovo e di inedito senza ulteriore bisogno di intervento.

“Spazializzazione”, “immersione” e “digitalità” sono alcune delle parole chiave frequentemente associate a formati culturali alternativi. Queste caratterizzano anche parte del lavoro di divulgazione dello Staatstheater Augsburg, il teatro statale di Augusta, istituzione considerata tra le più innovative e audaci in Germania, che in alcuni dei suoi progetti operistici ha incorporato le possibilità della realtà virtuale. Così per esempio in un allestimento virtuale di Erwartung, op. 17 di Arnold Schönberg recentemente presentato a Vienna presso l’ASC (Arnold Schönberg Center). Virtuale, perché invece di andare in scena in un teatro, l’allestimento del monodramma si può fruire in solitaria, dove e quando si vuole, indossando visori e cuffie per realtà virtuale e tenendo in mano due joystick che permettono di interagire.

In questa opera di teatro musicale espressionista, scritta nel 1909 ma eseguita per la prima volta solo nel 1924, Schönberg mette in musica il viaggio onirico di una donna alla ricerca del proprio amante, che al termine, disincantata, troverà morto. I promotori dell’allestimento digitale (l’idea di partenza è stata del sovrintendente del teatro di Augusta André Bücker, realizzata con l’ausilio di vari game designer e tecnici del suono) spiegano come il loro progetto possa offrire un’esperienza di gioco intensa e affermano che la musica di Schönberg, utilizzando le dinamiche dei videogames, possa essere vissuta in modo completamente nuovo e immediato. Giocando inoltre si interagisce e a volte si assume il ruolo della protagonista dell’opera, portando avanti la trama. Il gioco quindi richiede l’immedesimazione con il personaggio per far procedere il libretto. De facto bisogna camminare nel bosco, toccare alcune delle cose che si vedono e scoprire ciò che succederà: per esempio raccogliere e mangiare dei funghi, sedersi su una panchina, cercare un cadavere ed estrarre un pugnale dal suo corpo, … Mentre si fa tutto ciò, si ascolta la musica del monodramma, in una situazione di audio surround molto avvincente (la soprano dell’incisione è Sally du Randt; la Augsburger Philharmoniker diretta da Domonkos Héja è stata registrata con microfoni singoli per ogni leggio creando un ambiente sonoro a cupola). Ma alla fine gli innumerevoli stimoli visivi, più che farti immergere creano scompenso, inutili distrazioni e anche un po’ di nausea e mal di testa.

Ritornando sulle considerazioni espresse all’inizio di questo testo, mi chiedo se tutto ciò – l’ausilio e l’impiego della realtà aumentata (augmented reality) – “salverà” il teatro musicale e lo traghetterà verso il futuro alle prossime generazioni? Non vorrei esprimere giudizi affrettati e superficiali sui potenziali e i limiti di simili forme di teatro digitale, ma per quanto mi riguarda, se desidero fare un gioco di realtà virtuale l’ultima cosa che vorrei fare è ascoltare Erwartung. E viceversa, se desidero ascoltare Erwartung, non lo vorrei fare come esperienza di realtà virtuale. L’opera è soprattutto teatro – perché allora volerla proiettare in un’altra dimensione? Il teatro è momento di collettività, di co-presenza di pubblico e performer che producono in una sorta di loop di feedback continuo il nucleo estetico ed epistemologico di uno spettacolo, come hanno mostrato in modo convincente gli studi di Erika Fischer-Lichte, rinomata studiosa tedesca di storia e teoria del teatro. Perché allora sottrarsi a questo rito collettivo? Per curiosità ho voluto provare anche io l’esperienza di una Erwartung virtuale, ma le mie aspettative non sono state soddisfatte.  

Per chi volesse provare il gioco: L’allestimento si può giocare in apposite postazioni presso il teatro di Augusta o a Vienna all’Arnold Schönberg Center. In Germania e in Austria si può affittare la ‘produzione’, che verrà inviata per posta con occhiali e vari dispositivi in prestito. Oppure si può scegliere l’acquisto del gioco sulla piattaforma Steam (https://store.steampowered.com/app/2800480/Erwartung).

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