Salvezza per il Teatro del Maggio

Trovati, grazie all’impegno finanziario del Ministero, degli enti locali e della Fondazione Cassa di Risparmio e altri soci privati, i fondi per evitare il blocco dell’attività e il fallimento, si riparte regolarmente a settembre puntando su Mehta e Gatti

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La conferenza stampa di presentazione
La conferenza stampa di presentazione

E’ indubbia la difficoltà di mettere su un programma in pochi giorni una volta assicurata la salvezza della fondazione, il che è avvenuto solo a fine luglio, grazie all’impegno finanziario straordinario del ministero, enti locali e Cassa di Risparmio di Firenze ammontante a oltre sette milioni di euro. Ma la fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, attualmente guidata dal commissario straordinario Onofrio Cutaia, è riuscita a mettere su un programma dettagliato settembre – luglio, con biglietti già in vendita, e a porre qualche importante punto fisso (non ancora il programma completo) anche per i mesi a venire, compreso il prossimo festival del Maggio del 2024 che vedrà la ripresa della spettacolare Turandot firmata da Zhang Yimou con Zubin Mehta sul podio, e in cui vedrà la luce anche la Jeanne Dark commissionata dal Maggio a Fabio Vacchi per il festival 2020 e saltata per pandemia. Da citare anche, per quel che riguarda il prossimo Maggio, il ritorno di Riccardo Muti sul podio dei Wiener, per la danza il grande coreografo Roberto Zappalà con la sua Trilogia dell’estasi, per il teatro parlato uno spettacolo dedicato a Pessoa, in coproduzione con il Teatro della Toscana/Teatro della Pergola e il Théâtre de la Ville di Parigi, per la regia di Bob Wilson. 

   Intanto, le poche opere prima di allora si avvalgono di allestimenti già visti nel vecchio teatro di corso Italia, e sono La Boheme dal 14 al 29 novembre, con Giacomo Sagripanti sul podio, la regìa di Bruno Ravella ripresa da Stefania Grazioli e le scene di Tiziano Santi, con Mariangela Sicilia, Gaetano Salas, Min Kim e Elisa Balbo nei ruoli di Mimì, Rodolfo, Marcello e Musetta; e più oltre, a marzo, un Don Pasquale, l’allestimento che nel 2001 ebbe la regìa di Jonathan Miller, che segnerà il debutto in quest’opera di Daniele Gatti.

L’operazione salvezza si basa sostanzialmente sull’orchestra e sulle due figure del direttore principale e del direttore onorario, Daniele Gatti e Zubin Mehta, e se per il secondo non c’è che la conferma di un legame pluridecennale con questo teatro e il suo pubblico, per Gatti si tratta di un impegno notevole sul piano sinfonico. Mehta dirigerà infatti in Sala Grande il programma mozartiano del 13 settembre che prevede anche il coinvolgimento del coro con la Messa dell’Incoronazione K 317, e, sempre in Sala Grande, il programma dedicato a Mendelssohn che vede anche la partecipazione di Giuseppe Gibboni nel concerto per violino, 22 e 23 settembre; Daniele Gatti darà vita ad un nuovo ciclo che ci sembra molto bello, intitolato “Beethoven-Honegger e l’Europa” nella Sala Mehta da mille posti, con concerti tutti a doppia data (29 e 30 settembre, 6 e 7 ottobre, 13 e 14 ottobre, 17 e 18 novembre, 6 e 7 dicembre) imperniati su questi due autori con i concerti pianistici beethoveniani, solisti Filippo Gorini, Enrico Pace,  Pietro De Maria, Andrea Lucchesini e Benedetto Lupo, le sinfonie n. 1, 2, 3, 4, 5 di Honegger, il tutto accostato ad altri lavori di Stravinskij, Respighi, Ireland, Hindemith, Debussy. Da ricordare anche la presenza in cartellone di una coproduzione con l’Orchestra della Toscana diretta da Tito Ceccherini nella basilica di Santa Croce per la ricorrenza francescana del 4 ottobre, con la partecipazione del coro del Maggio,  con pagine di Verdi, Domenico Stella  e Alessandro Solbiati; sempre il coro del Maggio, sotto la guida del suo direttore Lorenzo Fratini, realizzerà il 22 dicembre la rossiniana Petite Messe Solennelle per ricordare i novant’anni dalla propria fondazione. Importante ritorno in questo teatro della danza, in questo caso la danza contemporanea in collaborazione con il festival Fabbrica Europa, con The Answer is Land della  coreografa norvegese Elle Sofe Sara (14 settembre). Il programma principale, per quanto scarno, è irrobustito da una serie piuttosto fitta di altre iniziative. In primo luogo l’oramai consueta rilettura di un titolo operistico importante da parte della compagnia Venti Lucenti di Manu Lalli, per il pubblico infantile, e con il coinvolgimento attivo dei bambini delle scuole fiorentine, e stavolta avremo La meravigliosa storia del Flauto Magico, 14, 15, 16 dicembre in Sala Grande. Poi, tra ottobre e dicembre, ci sono quelle che potremmo definire delle ottime “vetrine di autoproduzione dell’orchestra”, in un progetto intitolato complessivamente “c’è Musica e Musica”,  all’insegna di pezzi ben noti (Carnevale degli Animali, Babar, Pierino e il Lupo, Carmina Burana, Quattro Stagioni), raccontati al pubblico, forse prevalentemente  il pubblico dei giovanissimi e famiglie ma non solo, con la partecipazione di attori-narratori ben noti al pubblico degli altri teatri fiorentini, con giovani direttori sul podio: operazione azzeccata per mettere in rilievo il valore e l’importanza dell’orchestra e delle sue prime parti, pensiamo a “Tris di primi” in cui l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino diretta da Riccardo Bisatti esibisce tre sue prime parti, la prima viola Joerg Winkler, il primo violoncello Simao Pedro Alcoforado Barrera e il primo contrabbasso Marco Martelli (10 dicembre). E ancora altre iniziative, presentazioni di libri e dischi, incontri di presentazione dei programmi.

   La parola-chiave di questo rilancio, o, per dirla in termini meno trionfalistici, operazione salvezza, è, ovviamente, “sostenibilità”,  ossia porre fine agli eccessi di spesa e mancanza di controlli di qualsiasi tipo al riguardo, e non poteva essere altro che l’orchestra a farsene carico, in quanto costo fisso a cui non sono in nessun modo imputabili gli eccessi di cui sopra, ma che rischiava di esserne la prima vittima (una sostenibilità che è tale anche dal punto di vista del pubblico con la radicale riduzione dei prezzi dei biglietti voluta da Cutaia). Vale la pena di ricordare che a Firenze in principio era l’orchestra, ossia la Stabile Orchestrale Fiorentina fondata dal 1928 con la direzione stabile di  Gui.

   Non tediamo i lettori del GdM con la quantità di cose in gran parte insulse uscite dalle bocche, dalle penne e dalle tastiere nel periodo precedente e seguente all’avvenuto salvataggio, ma alla base c’è la constatazione di alcuni fatti. Il defenestrato Alexander Pereira è senza dubbio il principale artefice della situazione che ha messo a rischio la sopravvivenza stessa del teatro, ma a giudizio di chi scrive è anche quello, per dir così, a cui è rimasto il cerino in mano dopo decenni di amministrazione allegra. Inoltre, come già osservato più volte, la gestione di un teatro così grande, rivelatosi un affare solo per chi l’ha progettato e costruito, si è dimostrata ingestibile per la fondazione fiorentina, a cui di fatto basterebbe, oggi come oggi, la Sala Mehta da mille posti, ed è ovvio che bisognerà provare a farci anche qualcosa d’altro, nella sala grande, nella sala da mille posti, soprattutto nella cavea esterna sopra il tetto, davvero troppo poco utilizzata. Anche il comunicato stampa seguito alla presentazione della stagione promette eventi rock sulla scia del successo del concerto Who – Maggio di cui abbiamo scritto, ma cosa di preciso ancora non si sa. E’ giusto che Cutaia & C si siano concentrati per ora su ciò che a loro compete, concerti e opere, cioè ciò per cui ricevono finanziamenti dal ministero competente. Il  “non-classico-ma-di-qualità” lo si era già fatto sia nel vecchio teatro (ancora ricordiamo vivamente lo splendido concerto di Rokia Traoré, giugno 2008, nel defunto Piccolo Teatro di corso Italia) che qui, anche se nessuno a quanto pare se lo ricorda. E lo si era fatto sempre all’insegna della ricerca di un pubblico nuovo e più esteso, ma anche quel pubblico è in contrazione, né più né meno del pubblico della musica classica, come dimostra, per fare un esempio, la sparizione di Musica dei Popoli nel defunto auditorium Flog, o il ridimensionamento di cartelloni assai belli ancora pochi anni fa, come il Festival delle Colline. Perché è Firenze che è in contrazione nonostante l’esorbitante afflusso turistico o forse anche a causa di quello: fra i milioni di turisti, forse sono più quelli che fanno la fila per la paninoteca di tendenza lanciata da TripAdvisor che per l’ingresso ai musei, figuriamoci per i teatri. La situazione non è facile. Ma qualcosa bisognerà inventarsi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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