Africa Now, l'Africa alle OGR

L'incontro tra Tony Allen e Jeff Mills e Amadou & Mariam per la nuova rassegna africana di Torino

Amadou & Mariam - Pier Marco Tacca/Getty Images for OGR
Amadou & Mariam - Pier Marco Tacca/Getty Images for OGR
Recensione
world
OGR, Torino
Africa Now 2018
22 Settembre 2018 - 18 Ottobre 2018

Sarebbe un errore dire che a Torino fosse “sparita” la world music: eppure Africa Now – rassegna alle OGR, tre appuntamenti fino al 18 ottobre ideati da Magali Berardo di Musicalista – è stata vissuta da molti come una specie di ritorno. Sarà che c’è stata un’epoca, ormai passata, in cui d’estate si contendevano la piazza tre-quattro festival che portavano in città i maggiori nomi del circuito. Eppure riflettendoci, i concerti – anche di artisti africani – non sono mancati: al Torino Jazz Festival, per esempio, o negli eventi legati al Salone del Libro, o in altre rassegne ancora. C’è però molta differenza nel portare un artista africano nel contesto di un festival jazz, o nel contesto di un festival dedicato all’Africa.

La novità di Africa Now – “novità” per modo di dire – è allora proprio quell’AFRICA sbattuto nel titolo, e in quello che è oggi il salotto buono del live torinese più hip, le OGR di corso Castelfidardo. E non è neanche necessario annotare come mettere al centro l’Africa (non il jazz, non altro) sia oggi una scelta importante. Chi l’aveva fatto (e spesso bene) a Torino negli ultimi anni era rimasto limitato a circuiti più piccoli. Le OGR, in questo momento, sono la Serie A.

Non tutto funziona nel primo appuntamento della rassegna, l’atteso incontro fra Tony Allen e Jeff Mills, il 22 settembre scorso. L’impressione che si ha, non appena partito il concerto, è che l’approccio al groove dei due sia davvero troppo opposto: sinuoso e gommoso quello di Allen, rigoroso e matematico quello di Mills. La somma di personalità può anche tradursi in una sottrazione, e questo è particolarmente vero quando si tratta di quell’entità così sottilmente sfuggente quale è il groove, da costruire poco a poco e coltivare nell’inesorabile scorrere del tempo (musicalmente parlando). Quando uno dei due fa un passo indietro lasciando la scena all’altro, il groove scorre potente. In altri momenti, il tentativo di incastrare due modi di suonare – o forse proprio due modi diversi di pensare la musica – ricorda quello di chi vuole incastrare il piolo tondo nel buco quadro. In ogni caso, è proprio in questi “errori” che si colgono meglio le due filosofie musicali, ed è un processo affascinante da osservare.

Tutto, invece, ha funzionato benissimo nel secondo appuntamento, il 8 ottobre, con Amadou & Mariam (apertura con il bel progetto “africano” di Riccardo Onori, con ospite Gianluca Petrella). Il duo maliano è ormai in giro da più di trent’anni, e quasi quindici sono passati da Dimanche à Bamako, il disco prodotto da Manu Chao che valse loro il successo internazionale. Riascoltato oggi, il suono Manu Chao – la chitarrina acustica, le sirene (i dischi di Manu Chao sono pieni di sirene), i levare di organo elettrico, quell’inconfondibile modo di stare sul tempo – è forse un po’ invecchiato, o almeno ben storicizzato. Ma Amadou & Mariam non sono rimasti legati a quel cliché, e hanno seguito le vicende della musica africana sulla scena internazionale. 

(Le sirene nei dischi di Manu Chao)

A Torino il duo si presenta con una formazione compatta, con batteria, percussioni, basso, tastiere e una seconda voce femminile. Le tastiere, in particolare, danno al tutto un tocco più contemporaneo (nel senso che riprendono spesso suoni Eighties, che oggi vanno molto). La chitarra di Amadou Bagayoko si sa ritagliare ancora un ruolo da protagonista (ci si dimentica spesso di lui nella lista dei guitar hero maliani: è un grande chitarrista, solo con uno stile meno appariscente di altri, più al servizio delle canzoni). Una volta costruito il groove, prima ancora che i due protagonisti escano sul palco accolti da un grande applauso, il gruppo non lo molla più: si ascolta e si balla ininterrottamente per oltre un’ora, e – sorpresa? – il pubblico sa persino cantare i ritornelli, almeno quelli delle canzoni principali (“La réalité”, “Dimanche à Bamako”, che arrivano ovviamente verso la fine). Potenza di Manu Chao.

Buon successo di pubblico per entrambi gli eventi, che fa sperare che Africa Now torni per gli anni prossimi, magari estesa a più date. Il 18 ottobre si chiude con Bombino.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

world

Il Bluegrass Party n. 16 della Red Wine al Teatro della Tosse

world

Racconto dal Premio Parodi 2024, sempre meno "world music" ma sempre più riconoscibile

world

Il progetto Flamenco Criollo ha inaugurato con successo il Festival Aperto 2024