Eurafrica, il Mediterraneo a Genova

Si è conclusa la ventisettesima edizione del Festival Musicale del Mediterraneo di Genova: nuove musiche tra Italia e Africa

Festival del Mediterraneo 2018
MoZuluart
Recensione
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Genova
Festival del Mediterraneo 2018
31 Agosto 2018 - 15 Settembre 2018

Tre anni, e il Festival Musicale del Mediterraneo ideato dall' associazione Echo Art toccherà il trentennale. Poi forse si continuerà, se ci saranno ancora risorse ed energie, forse no. E sarebbe un bel vuoto culturale, allora, per una città che se vuole continuare a rivendicare l’antico prestigio di essere “porta del Mediterraneo” ha bisogno anche di questi appuntamenti.

Sia come sia, daremo conto qui di questa splendida edizione appena conclusasi (in realtà ci sarà una coda con la presentazione del nuovo lavoro della Banda di Piazza Caricamento tra circa un mese, data rinviata per non cadere nel giorno del ricordo della tragedia di Ponte Morandi), intitolata Eurafrica. Nel 2019 sarà la volta di Eurasia, e nel 2030 di Euramerica. Dunque, una sorta di ritorno alle ispirazioni originarie dell’Associazione, quando, ancor prima del Festival si inventò a metà anni Ottanta Africana, prima rassegna nazionale a mettere a confronto culture ancora largamente sconosciute, sull’onda lunga di una world music che era ancora assestata sui dischi di Paul Simon e di De André, di Youssor N’Dour, primi arrivi di un suono “altro” nel mercato.

Nell’impossibilità di dar conto di tutti gli appuntamenti sonori e coreutici, che, come avviene da alcuni anni, ruotano su diverse e assai fascinose location cittadine (parchi, ville, atri di palazzi storici), segnaleremo qui alcune punte d’eccellenza, e che incarnano perfettamente lo spirito di Eurafrica, dunque i punti di contatto e di dialogo cercati e trovati dai gruppi coinvolti da Davide Ferrari e compagni d’avventura. Senz’altro un’eccellenza è stata la data iniziale del 1 settembre con il progetto Flamenco meets Griots. A confronto sul palco un duo ben particolare, Ana Crisman all’arpa diatonica a sostiuire la forza veemente di una chitarra andalusa, Concha Mediana alla danza ed alla voce del “cante hondo”, l’eccellente vocalist, percussionista e suonatore di kora Cheick Fall. Due set sparati, e poi l’incontro nel nome delle scale pentatoniche e della  modalità, un sontuoso e quasi commovente ponte di note tra l’Andalusia e le terre dei griot. Probabilmente Echo Art produrrà un primo cd di questo progetto, che attendiamo già fin d’ora.

Festival del mediterraneo
Sylla - Sissoko - Vandenabeele

Ugualmente interessante l’incontro ormai ben stabilizzato nella pratica tra il violinista belga Wouter Vandenabeele al violino, dall’attacco sontuoso e classico, e voci, kalimbe, liuti, percussioni del senegalese Mola Sylla  e del guineano Ba Sissoko, già ascoltato con Baaba Maal: i Tamala (“ viaggiatori”). Energia e dolcezza, canti peul e musiche con echi di Zanzibar, e la scoperta che Wouter è un magnifico organizzatore, in Africa occidentale, di decine di progetti per aiutare la scolarità infantile.

Musicisti etiopi e italiani insieme al Castello d’Albertis per l’Atse Tewodros Project, ottetto incardinato sulla voce di Gabriella Ghermandi, anche scrittrice italo-etiope, gli antichi strumenti etiopi, e il pianoforte (qui una tastiera) in jazz di Fabrizio Puglisi. Musica e memoria, per uno spettacolo  intenso ma forse troppo dilatato.  Il contrario del concentrato set della vocalist algerina di Naziha Azzous a Palazzo Rosso, in prima italiana, con il suo Feminin Taraab. La voce “paradisiaca”( come ha scritto Le Monde) di Azzous, un violino e una cetra kanoun maneggiata con scaltrito virtuosismo per ripercorrere i tratti di un altro ponte antico: la musica arabo-andalusa. Bella l’idea avuta da due “africani di Napoli” come il multistrumentista Marzouk Meiri e la vocalist M’Barka Ben Taleb: Tunisi canta Napoli. Vestiti di nuovi arrangiamenti i classici della canzone partenopea, li hanno cantati in arabo. Un vero divertissement, con la presenza esplosiva e rude della Taleb.

Festival del Mediterraneo  Naziha Azzous
Naziha Azzous

A Palazzo Ducale invece il singolare progetto di omaggio all’Africa di Pasolini ideato da Echo Art con il pianoforte stellare di Stefano Battaglia, la voce friulana di Elsa Martin, l’attore veterano Tapa Sudana, le immagini e i suoni di Michele Ferrari montate su spezzoni originali girati dal grande scrittore in Africa per una “Orestiade africana” mai realizzata, nel ’68. Bell’esercizio di memoria e interpretazione, mezzo secolo dopo.

Entusiasmo facile ma del tutto meritato con il concerto degli strepitosi MoZuluart, che mettono assieme le musiche del divin fanciullo di Salisburgo e melodie e passi di danza sudafricani di un’eleganza iperuranica. Curioso che il pianista Roland Guggrenbichelr sia molto “africano” anche lui, nella caratura fisica che mette quando tempesta i tasti con la sua diteggiatura classica possente.

Anna Cinzia Villani, una delle voci “di testa” più belle del Salento ha presentato invece al Palazzo del Principe il suo progetto Ulìa, che alterna e integra pizziche tarantate, danze del coltello, e possibili interazioni con le movenze di capoeira di Mestre Canhao dal Brasile. Un uragano di applausi per il concerto finale di Saba Anglana con Fabio Barovero e Federico Marchesano. Swahili, amarico, somalo, inglese e italiano, per raccontare di esilio, lotte per l’acqua, dignità ferite e ponti culturali possibili: con una ben nota presenza “attoriale” che la rende immensa sul palco, rischiando di oscurare la forza di una voce che anche su registri altissimi è totalmente sotto controllo.

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