Arte, ispirazione e giradischi: intervista Philip Jeck

Il musicista britannico in Italia per lo spettacolo Kuriosho al festival Electropark Exchanges

Philip Jeck
Foto di Dave Knapik
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Philip Jeck suonerà il 12 giugno al teatro Franco Parenti di Milano per la seconda serata di Electropark Exchanges 2018, una rassegna di musica elettronica da vivo per un pubblico seduto (la terza e ultima serata vedrà protagonista Jace Clayton, alias Dj/rupture, il 10 luglio).

Jeck presenterà spettacolo audiovisuale Kuriosho, assieme a Karl Lemieux (responsabile della parte video per il collettivo di Montreal dei Godspeed You!Black Emperor) e alla videoartista austriaca Michaela Grill. I registratori di Jeck, i suoi giradischi, la sua elettronica analogica e psichica, intimamente hauntologica da prima che il termine diventasse di moda, popoleranno di fantasmi lo spazio del teatro. Abbiamo approfittato dell'occasione per fargli qualche domanda.

La memoria è fondamentale nel tuo lavoro musicale; qual è il tuo primo ricordo musicale?

«Cantare  filastrocche a scuola».

Cosa puoi dirci della tua educazione musicale?

«Non ho avuto alcuna educazione musicale formale. Al college ho studiato arte visiva, ma sono sempre stato un fan della musica e ne ho sempre ascoltata di  ogni tipo».

Come sei arrivato alla scelta di iniziare a utilizzare il giradischi come mezzo di composizione?

«Nell'estate del 1979 sono andato a New York, nei club vidi alcuni DJ esibirsi dal vivo. Mi piacquero in modo particolare Larry Levan e Walter Gibbons. Ho iniziato così a provare a imitarli, semplicemente i DJ. Ecco dove è iniziato tutto per me».

«Semplicemente i DJ. Ecco dove è iniziato tutto per me».

Hai collaborato con artisti molto diversi, da Gavin Bryars a Jaki Liebezeit, da David Sylvian a Steve Lacy. Com'è il tuo approccio in queste situazioni?

«Mi piace pensare di poter lavorare con molti musicisti/compositori diversi. Riguarda l'ascolto e il reagire a ciò che sento».

Molte volte la tua musica ha un gusto funereo, elegiaco. Cosa ne pensi? Stiamo vivendo in qualche modo vicino alla fine di tutto, quindi un requiem è ciò di cui abbiamo bisogno?

«Penso sia vero. Non giro davvero intorno a quell'idea quando suono. Ho un feeling generalmente ottimista, ma devo ammettere che a volte questo è messo a dura prova dal mondo così com'è ora».

Quali sono i tuoi scrittori preferiti e le tue ultime letture? Penso spesso a  La Strada di Cormac McCarthy o a Solaris di Tarkovskij come storie possibili collegate con la tua musica. Sono fuori strada?

«No, mi piacciono sia  Cormac McCarthy che Tarkovsky. Il mio scrittore preferito ora è Maryilynne Robinson, un'autrice statunitense nata nel 1943, in modo particolare i suoi romanzi e le sue  raccolte di saggi. Il suo nome compare nei credits di Cardinal [album del 2015], le sue parole mi hanno aiutato in qualche modo a completare il disco. Il suo romanzo che preferisco è Casa [in Italia lo ha pubblicato Einaudi nel 2011]».

E la tua ispirazione visiva?

«Continuo a lavorare nell'arte visiva e a trovare ispirazione in tutti i tipi di lavoro».

Il tuo rapporto con la radio?

«Adoro le radio, ma spesso non le stazioni di musica. Amo ascoltare commedie, documentari ed anche solo gente che parla».

Tecnicamente, potresti descrivere come il tuo set è attualmente strutturato?

«Ho due piccoli giradischi anni Sessanta, una tastiera Casio SK1 a bassa frequenza di campionamento, un lettore minidisc, un mixer e due pedali di effetti Sony, di prima generazione».

E a proposito dello spettacolo Kuriosho, cosa puoi dirci?

«Abbiamo cominciato a lavorare tutti insieme grazie a Michaela Grill, che ci ha riunito per un festival cinematografico a Graz, in Austria, dove si è tenuta una retrospettiva del suo lavoro. Michaela lavora con il suo laptop e Karl con le sue proiezioni live su pellicola 16 mm. E poi ci sono io con i miei giradischi. Ci sono grandi elementi di improvvisazione nello spettacolo, quindi, pur partendo dagli stessi materiali, ogni live prenderà una direzione diversa».

Che tipo di ascoltatore sei?

«Sono un fan della musica e mi piacciono gli artisti di tutti i generi. Ci sono grandi musicisti in ogni campo».

Last but not least, i tuoi cinque dischi dell'isola deserta?

«In questo momento: Alison Krauss: Simple Love. Iris DeMent: "I Don't Want to Get Adjusted" [dall'album Lifeline]. Marvin Gaye, "I Want You" (versione M + M Breakdown Beat Mix). John Coltrane: "Peace On Earth" (dall'album Infinity), Jimmy Webb: Wichita Lineman».

 

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