Il folk essenziale di Michael McDermott
A Dublino il live del cantautore di Chicago
Nato a Chicago da genitori Irlandesi, Michael McDermott rappresenta la fusione perfetta di tradizioni folk-rock molto forti che affondano le radici nell’anima della propria storia. Pur avendo delle influenze piuttosto classiche nella sua vena compositiva, è difficile incasellare la sua produzione musicale: forse si avvicina ad alcune atmosfere springsteeniane, senza però calcarne pedisseguamente le orme. Certo, negli anni Novanta Micheal sembrava proiettato verso il grande pubblico e i palchi delle arene più importanti – aspettative giustificate dal seguito che ha in tutto l’Illinois e soprattutto nella città di Chicago, dove si trova la sua fanbase più importante e radicata. Inoltre, l’heavy rotation su MTV e l’endorsement fatto da Stephen King (belle le parole che gli dedica sia in interviste varie che sul sito web di McDermott) fanno pensare a un artista riconosciuto a livello capillare... tuttavia, il grande pubblico è stato solo sfiorato. La performance dublinese arriva dopo un percorso di date ravvicinate che sembrano scalfire leggermente la voce di McDermott, ma sicuramente non l’energia messa sul palco né la brillantezza da storyteller con cui racconta la sua vita: come la più canonica delle opere in tre atti, in questa si riconosce l'ascesa, la caduta e la risalita, senza però accennare ad alcun epilogo. Va riconosciuta anche una certa non comune dose di simpatia e la pazienza di spiegare la genesi dei brani introducendoli con leggerezza, aprendo la porta dell'intimità e della riservatezza senza troppa paura di mettersi a nudo. McDermott tira fuori tutto quello che può, si alterna tra piano e chitarra (con l'armonica in dotazione come ogni folksinger made in USA che si rispetti) e dimostra una dimestichezza degna di nota con tutti gli strumenti che utilizza, ma il tutto è sempre entro i limiti del funzionale. Il suo folk rimane in qualche maniera essenziale, spoglio da virtuosismi e orpelli: McDermott ha la sua da dire, e cerca la via più diretta con poche sottigliezze. Al centro della serata dublinese al Whelan’s è il suo ultimo album, Willow Springs, forse il più intimista della sua produzione in cui il fingerpicking e le influenze blues sembrano più forti rispetto alla maggior parte dei lavori precedenti. Al termine del concerto il cantante rimane a disposizione del pubblico (molto affezionato) per fotografie e chiacchiere. Anche io colgo l'occasione per scambiare due parole. Michael nel sentire che sono italiano racconta come l'Italia sia un po' una seconda casa per lui e di quanto siano importanti le tappe italiane, sia per la fanbase acquisita che per motivi sentimentali: è infatti in Italia che ha sposato sua moglie Heather Horton.
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