Bluegrass d'autore
Ottava edizione per il party della Red Wine di Genova, al Teatro della Tosse
Un concerto che parte con immagini da uno schermo in bianco e nero del Bob Dylan mercuriale anni Sessanta, quello di "You Ain't Goin' Nowhere", e poi si avvia con la band reale sul palco che raccoglie gli ultimi scampoli della voce acida e riprende in mano la canzone è già di per sé emozionante. La Red Wine genovese, primato di longevità nel mondo del bluegrass italiano, negli ultimi anni rinvigorita da fresche energie giovani ogni volta individua un tema per la propria festa con ospiti: nulla di meglio, dunque, per un party dedicato ai songwriters, che aprire le danze con il misterioso e imprendibile ultimo Nobel per la letteratura. Premesso che in coda c'è stato un altro omaggio necessario tanto semplice quanto toccante, con una versione a quattro voci e chitarra acustica di "Hallelujah" dedicata a Cohen, rimarchiamo subito che qualche potenziale “mugugno” isolato sul fatto che una band in grado di suonare l'intero repertorio classico del bluegrass lasci così spazio alle canzoni, raccolte come fiori scelti da un campo o dall'altro sarebbe piuttosto imbarazzante: il bluegrass vive (anche) di canzoni, accanto alle discese pirotecniche sulle corde. Nel corso degli anni Red Wine ne ha proposte decine, spesso attinte ai repertori più diversi, debitamente “bluegrassizzando” il tutto con voci, mandolino, banjo e chitarra di base, quasi sempre vestendo di nuova e insolita freschezza il materiale d'origine.
All'ottava edizione del bluegrass party, al solito, molti erano gli ospiti sul palco, tant'è che in alcuni brani si contavano dieci musicisti sul palco, una compagine flessuosa e incredibilmente armonica: tra gli altri Francesco Bellia alle tastiere (a lungo coi New Trolls), Fabio Viale dai Liguriani al violino, Paolo Ercoli a dobro e pedal steel, forse il più preparato solista dello strumento in Italia, Roberto Bongianino dalla Paolo Bonfanti Band alla fisamonica, Davide Zalaffi alla batteria, Pierette Berenzen alla voce. Gran musicisti, ma gli occhi erano puntati su Shane Sullivan, il cantautore di Dublino che ormai divide i suoi giorni tra Irlanda e Nashville, Tennesse, probabilmente uno dei prossimi grandi nomi del songwriting ugualmente debitore di matrici gaeliche e suono country morbidamente appoggiato su panneggi folk rock. La Red Wine è amica di vecchia data di Sullivan e si sente, per la confidenza e intesa che c'è sul palco. Qualche momento apicale del concerto: la resa del magnifico "Bartender's Blues" di James Taylor, quella de "Il Bandito e il Campione", portata al successo da Francesco De Gregori, lasciata fluire con swing mentre sullo schermo fluivano le immagini del video, la leggerezza fatata in bluegrass di una ballad straordinaria come "Under African Skies", da Graceland di Paul Simon. Red Wine è maestra anche nel cavare dal cilindro canzoni a sorpresa che uno proprio non vedrebbe affrontate con l'organico da bluegrass: stavolta è toccata a "Arrio" (Arrivo), una ballad in agrodolce cantata in genovese tanti anni fa da Natalino Otto, che ribaltava la logica da lieto fine dell'emigrante che torna in patria stanco, ma con una bella pila di risparmi. Qui si racconta invece che, se al molo non verrà riconosciuto dai parenti, alla discesa dalla nave, potranno farlo dal fatto che è “quello con i pantaloni rattoppati”. Storie antiche che oggi tornano d'attualità. Grazie anche alla resa in “samba - bluegrass” del Vino Rosso.
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