Jazz e dèi pagani
La violinista e cantante Yilian Canizares debutta al teatro Morlacchi
Recensione
jazz
Si presenta con un repertorio originale la violinista e cantante cubana – ma anche compositrice e arrangiatrice – Yilian Canizares, al suo primo concerto a Umbria Jazz, appassionando un pubblico eterogeneo di jazzofili, critici e semplici turisti attratti da una serata dedicata alle sonorità sudamericane. Ad accompagnarla sul palco del teatro Morlacchi il suo affiatato quartetto Ochumare, nome dell'Orisha, la divinità Yoruba che incarna l'arcobaleno, di cui fanno parte il pianista Daniel Stawiski, il contrabbassista David Brito, il batterista Cyril Regamey. Dopo gli studi a l'Avana e a Caracas, la Canizarez si trasferisce in Svizzera, dove attualmente vive. Gran parte del concerto è tratto dal disco [i]Ochumare[/i], pubblicato l’anno scorso dalla Naïve Records, ma regala brani inediti che faranno parte del suo prossimo disco atteso per il mese di ottobre.
A scaldare il pubblico del Morlacchi, quasi pieno nonostante il freddo e la pioggia battente, sono le prime note di "Oshun Edé", un canto in omaggio alla sua "dea personale". La Canizares prosegue con il sensuale tango "Red Princess" e "Donde hay amor", seguito da un ritmato motivo del folklore venezuelano, "Eché mis quejas al mar". Il pubblico accoglie con entusiasmo la "Canción de cuna para dormir un negrito", "Laila", "Beroni abebe osun". Il concerto si conclude con i brani di [i]Ochumare[/i] "Pirulisme", "Papito" e "Alas escarlatas", dove l’artista cubana sussurra ritornelli, cantilene e preghiere in un groviglio fatto di jazz moderno e di ritmi e suoni caraibici. Yilian Canizares suona il suo strumento e contemporaneamente canta inni africani, sprezzante del pericolo, lanciandosi spesso in scatting tracciati dalla voce e dal violino che si muovono all’unisono. Musicista eclettica, un po’ acerba nel registro acuto, interpreta e affronta senza timore il suo repertorio multiforme. Quello del Morlacchi è stato un concerto pieno di magia, mistero, superstizione, in un miscuglio magico, tra sacro e profano, con simboli e rimandi alla Santeria cubana, in un sincretismo di jazz cosmopolita e di tradizione popolare, ma anche con riferimenti al repertorio classico, da Mahler a Piazzolla.
Interpreti: Yilian Canizares - violino e voce; Daniel Stawinski - piano; David Brito - contrabbasso: Cyril Regamey - batteria e percussioni.
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